Kruger
333

2013, Pelagic Records
Sludge

Recensione di Lorenzo Brignoli - Pubblicata in data: 04/04/13

Gli EP, come noto acronimo di Extended Play, non sono esattamente tra i prodotti più comuni nel mercato musicale e quando li si trova sugli scaffali sono spesso infarciti di remix di vecchie canzoni, contenuti multimediali, numerazioni a mano e altre amenità. Tutti tentativi di rendere il prodotto più appetibile visto che a volte di nuovo c’è solo una canzone. Poche volte però mi è capitato di trovarmene davanti uno con sole due canzoni per un totale e soprattutto con una durata totale di undici minuti.

Ecco, dopo aver scoperto la durata di “333” degli Svizzeri Kruger un minimo di perplessità sul prodotto mi era venuta, nonostante il curriculum dei nostri sia di tutto rispetto: 12 anni di carriera, 4 album, un tour in Nordamerica e tanti altri in Europa (condividendo il palco con gente del calibro di Gojira e Deftones). Poi però ho pensato “beh meglio 2 canzoni nuove che un singolo in 4 versioni diverse come fanno i più” e così mi sono buttato sul disco.

Ammetto di non essere un esperto riguardo a questo quintetto di Losanna, ma conoscendo la casa discografica (la Pelagic Records di Robin Staps, mente dei The Ocean) e qualche loro canzone, mi aspettavo qualcosa di orientato sullo sludge, magari con qualche spruzzata Thrash/Death, ma insomma con quelle atmosfere “pesanti” tipiche delle band di questo genere. Ci ho preso? Non del tutto, fortunatamente. Non perchè non mi piaccia il genere, ma perchè i Kruger mi hanno stupito. No, non solo per la durata del disco, ma per la loro musica. Un po’ “cazzara” (passatemi il termine) come vuole il copione del genere, o un po’ grezza se preferite, tipo gli Entombed di Morningstar ma allo stesso tempo in grado di stupire all’improvviso con parti in pulito evocative e sognanti, magari non con lo stessa classe di Tool o The Ocean (e probabilmente non è nemmeno nelle intenzioni dei nostri), ma di sicuro ben inserite nella struttura della canzone.

Insomma, “333” è il tipico buon disco, un bel mix di tanti ingredienti, senza mai cadere nel banale o nel plagio, piacevole da ascoltare e con testi divertenti da leggere (“Herbivores” in particolare). Ovviamente non posso permettermi di dare un voto alto ad un disco di undici minuti, non credo sia giusto, anzi, detto tra noi, non badate più di tanto al numero che vedete a fondo pagina. Permettetemi però di consigliarvi di prendere un quarto d’ora del vostro tempo libero per dare un ascolto a questi cinque bontemponi da Losanna, ne vale la pena.



01. The Wild Brunch

02. Herbivores

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool