« He is going to kick your fucking ass / and you know his name is Kyle Gass
Rocking and fucking rolling / And fucking rocking, and fucking rolling. »
Dopo tour sold out e Grammy strappati dalle mani bramose di gente più “professionista” quali Slipknot e Mastodon, la band più grande del mondo si è momentaneamente concessa un po’ di riposo. Anche perché Jack Black ogni tanto deve pur farsi rivedere in giro per Hollywood. E Kyle Gass cosa fa quando i Tenacious D sono in letargo? Lui di certo sembra preferire di gran lunga la carriera del musicista a quella di attore; e così dopo l’implosione del suo primo side project Train Wreck, ecco che recupera in un batter d’occhio l’ensemble creato nel gennaio del 2011 e rimasto fino ad ora sotto ghiaccio, dalle caratteristiche da superband - Mike Bray e il caro vecchio John Konesky alle chitarre e voci, Jason Keene e Tim Spier rispettivamente al basso e alla batteria - e denominato semplicemente Kyle Glass Band (KGB... chissà come la prende Putin sui diritti del moniker). E sapete qual è la cosa davvero interessante? Che tira fuori con naturalezza un disco genuino, onesto, senza pretese: 10 composizioni divertenti, giovanili, semplici come se davvero fossero state scritte in 5 minuti di ispirazione come fu ai tempi di “Master Exploder”… ma dannatamente rock n’roll. Merito soprattutto dei componenti della band ben assemblata, che svolgono un lavoro umile e pulito mettendo in primo piano la qualità generale piuttosto che le performances individuali. Lo stile scelto non è lontano anni luce dai D, anzi è molto simile nei testi («She's got a tattoo of Han Solo / but don't be thinking' she's a dude bro») anche se la sostanza è basata più su riff intuitivi, come si evince immediatamente dall’ascolto delle introduttive sporche note di “Manchild”.
I 39 minuti totali scorrono veloci tra pezzi acustici, sventagliate rock - alcune lievemente sotto tono, altre invece superlative (“Ram Damn Bunctious” e “Getting The Band Back Together” su tutte) - con addirittura qualche svisata di flauto ed alla fine è più chiaro che mai: i ragazzi non si prendono troppo sul serio, suonano con entusiasmo, si divertono e fanno divertire... in pratica, fanno nel migliore dei modi their job to rock.