Illusione ed imitazione: disegni sonori appesi disordinatamente nel garage del Garage Rock.
La rivisitazione di due granitiche colonne della musica quali R’n’B e Rock n’Roll avviene attraverso la riscoperta del Doo Wop, genere in voga negli States alla fine degli anni 50: è in questo contesto che aleggia tranquillo il sound retrò delle La Luz, che dopo due brevi records (“Damp Face EP” nel 2012 e il mini vinile “Brainwash” pubblicato per i fans intimi all’inizio dell’estate 2013) fanno la loro comparsa sul mercato musicale con “It’s Alive”.
Come per chiudere il cerchio storico-musicale metaforicamente tracciato attorno alla registrazione di questo disco d’esordio, rendo nota la cittò d’origine delle quattro ragazze: Seattle. È quindi interessante vedere come attorno a Shana Cleveland (voce e chitarra) Marian Li Pino (drums) Abbey Blackwell (basso) ed Alice Sandahl (tastiere) si crei un alone mistico in cui si sovrappongono più generi ed influenze, più culture ed attrazioni. In modo analogo si sovrappongono anche le voci che ognuna delle ragazze presta durante l’esecuzione dei brani, che vanno a colmare un piccolo gap costituito dalla tendente monotonia sonora. Le voci quindi sono l’arma in più che con estremo senso del pentagramma viene impiegata per confezionare “It’s Alive”, che non presenta alcuno spunto per la riproposizione dal vivo, rendendo meglio se inserito nell’insieme della musica di nicchia.
La prima proposta delle La Luz unisce una timida sperimentazione alla solida, seppur leggiadra, base emotiva puramente femminile di cui il disco è impregnato. Le idee e l’attitudine per iniziare una promettente carriera ci sono tutte, sarà arduo per le giovani artiste di Seattle trovare la giusta direzione musicale: per farlo sarà inevitabilmente necessario discostarti dall’ottica retrospettiva e vintage che potrebbe pericolosamente costituire elemento di disapprovazione.