L'Argentina degli anni '60, i bistrot transalpini di inizio Novecento, i Sinti della Camargue, il regionalismo spagnolo, la Germania secentesca e neoromantica, la tradizione irlandese: ascoltare i Magasin Du Cafè significa sfogliare le pagine di un vecchio atlante storico, immergersi in atmosfere sospese tra l'antropologia e il costume e cavalcare a briglia sciolte lungo un reticolato geografico bizzarro e altresì coerente. "Landscape" rappresenta finalmente l'album di debutto dell'ensemble italiano, dopo un periodo di apprendistato trascorso ad affinare dal vivo un sound dalle sfumature molteplici e legato tanto al patrimonio musicale del passato quanto alle forme espressive del presente: il vibrato acustico dei cordofoni e la sfrontatezza dell'accordion tessono un ordito in cui l'intrigante alternanza strumentale di riarrangiamenti e inediti raggiunge una mise en abyme di moderno classicismo.
La placida title-track spalanca le porte a una sequenza di cover piuttosto nutrita: se in "Escualo" di Astor Piazzolla il Nuevo Tango, croce e delizia dei milongueros, agita e colora i vicoli di Buenos Aires attraverso il rallentamento ritmico del bandonéon, la recita indiavolata e ricca di sapienti glissando del manouche di "Swing Gitan" di Django Reinhardt trasporta nel XXI secolo quell'intreccio di gipsy jazz e melodie ungheresi che irrora di calore il dondolante sottofondo degli hot club newyorkesi. La rapsodia iberica di "España" di Emmanuel Chabrier perde il carattere orchestrale a favore di un soffuso pizzicato evocante il flavour folkloristico proprio di Claude Debussy e Maurice Ravel, mentre "Asturias" di Isaac Albéniz, nata come composizione per pianoforte, richiama la magia del flamenco andaluso associato a un virtuosismo di sapore lisztiano.
Un poker di pezzi originali spezza il ricordo affettuoso di antiche sensazioni: "Serendipity", simile all'opener nell'incedere mellifluo, cede il passo alla coppia formata da "Petralia" e "Jamborie", nella quale il suono delle fisarmonica stampiglia una musette francese da fischiettare per le strade di Parigi in compagnia di vagabondi e saltimbanchi. "Andalus" invece delinea il dolce ritratto di una Siviglia contemporanea, anticipando il ritorno a tempi ormai lontani eppur colmi di prelibatezze, con un'esegesi fedele di "Improptu" di Clara Schumann e una versione pirenaica della "Cantata 147" di Johann Sebastian Bach. In "Lord Of The Dance" di Ronan Hardiman celti e tzigani danzano in sincretica armonia, ultimo bagliore di spensieratezza prima delle note malinconiche di "Rain" e del commiato liquido di "Ninna Nanna Leon".
Formazione capace di tratteggiare paesaggi sonori di notevole fascino, i Magasin Du Cafè centrano l'obiettivo di conciliare diversi stili in un unico disco: benché gli autografi appaiano di livello inferiore rispetto alla tracce reinterpretate, non si può negare a "Landscape" l'abilità di raccogliere e unire in un quadro omogeneo gli sparpagliati frammenti etnici di un'umanità che scopre nella musica un senso di appartenenza e un desiderio di condivisione. Al di là di qualsivoglia confine.
Ascolta QUI lo streaming del disco!
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