Lebowski & Nico
Propaganda

2012, BloodySound Fucktory
Alternative Rock

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 04/03/13

Di sicuro, quattro ragazzi che presentano alle stampe il disco d’esordio intitolandolo “The Best Love Songs Of The Love For The Songs And The Best” non danno l'impressione di starci parecchio con la testa. Eppure, il primo album dei Lebowski, uscito poco più di quattro anni fa, aveva messo in mostra un gruppo che, oltre all’ovvia predisposizione per la scrittura di testi goliardici e il più delle volte completamente privi di senso, era dotato anche di una discreta preparazione tecnica e d’idee di una certa originalità.
 
Nel 2012 all’originale quartetto si aggiunge Nicola Amici, che di mestiere fa il sassofonista ma si diletta anche nel suonare synth e chitarre, e ha l’indiscutibile merito di permettere alla band di cambiare il proprio nome in Lebowski & Nico, aggiungendo a una già nutrita collezione di citazioni anche i  Velvet Underground e la loro celebre banana. Grazie a lui il sound che la band mostra nel suo secondo album, “Propaganda”, si fa più particolare: compaiono infatti stravaganti ma validi arabeschi di sax affiancati spesso da tastiere sfrigolanti, che sembrano uscite a volte dagli anni 80, altre volte da videogiochi vintage. Si fa notare anche l’aggiunta di chitarre storte e distorte, in bilico tra il post-punk e il noise, che rumoreggiano su canzoni dall’infrastruttura di base, comunque, sempre di stampo sostanzialmente pop.
 
Il disco riesce a divertire, e si ascolta ogni pezzo incoraggiati dalla curiosità di scoprire cosa i Lebowski abbiano potuto inventarsi. E ce n'è davvero per tutti i gusti: le storie di cambi d’identità cantate sull’up-tempo dal suono ska di “Mattia Pascal”; le interrogazioni sull’origine e sullo scopo dell’esistenza dell’enigmatico protagonista di “Gianni Citofonista”; i robotici inni al fancazzismo del singolo “Kansas City”, con quel "oggi ho fatto veramente niente, però l'ho fatto veramente bene" ripetuto come un mantra; la moderna filosofia spicciola sui sogni d’infanzia infranti elencati nei giochi di parole di “Avevo Un Sogno Nel Cassonetto”; la cronaca in finto-rumeno di una rapina malriuscita di “Sei Uno Sprovveduto”. 
 
Il vero, serio problema del lavoro del gruppo jesino sta, però, in una longevità molto scarsa: dopo aver riso delle lyrics e aver scoperto tutti i deliranti accorgimenti di cui è riempito, la voglia di riascoltarlo viene subito a mancare. Inoltre, il disco spara i suoi colpi migliori nel terzetto d’apertura, col risultato di suonare molto meno ispirato e di stancare in parecchi tratti della sua seconda metà. Va riconosciuto, comunque, che i Lebowski, dietro una facciata demenziale, sono in realtà un gruppo maturo che potrebbe avere le potenzialità per lasciare il segno, dotato di un’attenzione al dettaglio e una cura negli arrangiamenti che parecchie band indipendenti italiane, che si prendono molto più sul serio, non possiedono.




01. Mattia Pascal

02. Kansas City

03. Giovanni Citofonista

04. Sei Uno Sprovveduto

05. Avevo Un Sogno Nel Cassonetto

06. Mutatis Mutande

07. Job Fighters II

08. Bang Shit Styling

09. (A Dicembre Una Tombola) Rosso Shocking 

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