Leprous
Aphelion

2021, InsideOut Music
Progressive Metal / Rock

L'equilibrio dei Leprous in un disco che riconferma la loro unicità e il desiderio di spingersi oltre.
Recensione di Simone Zangarelli - Pubblicata in data: 05/09/21

Il punto di massima distanza dal Sole che un pianeta raggiunge percorrendo la propria orbita (in gergo scientifico afelio) è l'immagine scelta dai Leprous per dare nome al loro settimo LP. Anche stavolta, come nel precedente "Pitfalls", opera maestra del quintetto di Notodden, il tema della salute mentale torna a essere il principio guida fra le 10 canzoni, in cui l'afelio rappresenta lo smarrimento, la perdita di punti fermi, il fondo del barile ormai raschiato dal quale risalire.
Certamente non è stato un anno semplice per i maestri dell'art rock norvegese, che hanno fatto appena in tempo a portare in tour il loro capolavoro del 2019 prima che la pandemia arrestasse ogni piano. Fortunatamente, da quelle circostanze difficili ma fortuite è nato un album di notevole qualità, dato che "Aphelion" ospita alcuni dei momenti più grandiosi dei Leprous, consolidandoli ulteriormente come pionieri della loro arte.

 

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La formazione di "Pitfalls" rimane la stessa, così come il violoncellista Raphael Weinroth-Browne (Musk Ox, The Visit), il violinista Chris Baum (Bent Knee) e sia Adam Noble che Robin Schmidt riconfermati rispettivamente al missaggio e al mastering. "Aphelion" segna anche la prima volta in cui i Leprous impiegano un'orchestra di ottoni: i norvegesi Blåsemafiaen. A sorreggere l'intera impalcatura, il frontman che ogni band vorrebbe: Einar Solberg, talento spiazzante, penna raffinata e diretta.


Rispetto a "Pitfalls" il lotto si afferma più come "un album canzone per canzone", registrato in diversi studi - e in diverse configurazioni - risultando forse l'LP più "variegato" ed emblematico del gruppo. Dimostrazione, questa, che non c'è bisogno di creare un concept album a tutti i costi per far suonare bene un LP progressive rock. Pensato in origine con il titolo di "Adapt", "Aphelion" vede i Leprous continuare la loro evoluzione stilistica, passando dal metal degli esordi a una forma più diluita che unisce forme tipicamente progressive, contrappunto classicheggiante e stile canoro a la Broadway.


Nonostante questo approccio tortuoso, la maggior parte dell'album mantiene un livello costante di qualità e coinvolgimento. Si inizia con "Running Low", un'apertura deliziosamente drammatica, che mette in evidenza l'abilità della band nel cambiare le dinamiche nel corso di una canzone. La sola voce di Einar Solberg mostra l'estrema gamma di emozioni disponibili. Occupando un aspetto diverso della sua estensione vocale in ogni verso, Solberg colpisce le emozioni del suo ascoltatore con una nuova freccia dalla sua faretra. I tamburi tonanti di Baard Kolstad e il violoncello di Raphael Weinroth-Browne creano la tensione fino a quando l'intera band non esplode nel ritornello. Per quanto vasta possa essere la gamma vocale di Einar, una delle sue abilità più impressionanti risiede nella sua delicatezza, qualcosa incapsulato in "On Hold", sinfonia progressive rock dove strumenti acustici ed elettrici si fondono con preziosa eleganza, a sfoggio delle capacità espressive del gruppo che, sulla qualità degli arrangiamenti e la creazione delle dinamiche, non teme competizione. Tuttavia ciò che i cinque non riescono a trattenere nei loro lavori è il metallo: sempre meno incisivi, i brani soffrono di un leggero calo di "heaviness" in favore di arrangiamenti più barocchi. E in "Aphelion" questo aspetto sembra assumere i tratti di un processo irreversibile, con l'unica eccezione di "Nighttime Disguise", chiusura mastodontica dai riff schiaccianti, atmosfere irrequiete e, infine, un brusco silenzio. Potrebbero anche non essere più "metal", ma ciò che i Leprous offrono costantemente è musica che accende il dibattito e, cosa più importante, pura e sfrenata eccitazione.


La parola chiave in questo lotto è equilibrio. Con "Aphelion" i Leprous stanno ancora dimostrando che possono essere sempre più epici, ma che possono anche regnare nella bolgia e produrre musica che oscilla sul filo di un coltello, perfettamente bilanciata e completamente coinvolgente. Hanno ancora il loro ritmo e il loro stile e questo tipo di versatilità li distingue dalle masse. Si sono inseriti nella loro nicchia, operando in acque che nessun altro ha ancora esplorato adeguatamente. Eccellono per la loro unicità e per un eterno desiderio di spingere i propri confini, riuscendo in qualche modo a tenerci a bordo in ogni fase del percorso. Anche dopo quasi due anni passati lontano dal Sole.





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