D'accordo, l'esame del moniker Fading Rain e dell'artwork chiaroscurale di "Let Silence Begin" fa pensare immediatamente, per associazione diretta, a Joy Division, Bauhaus e The Cure: il sound glaciale e avvolgente dell'album, gravido di romanticismo dark e impennate gotiche, conferma le iniziali e superficiali impressioni. Tuttavia, al di là dei facili revivalismi autodidattici di cui magari si rivestiva a tratti l'EP d'esordio "Winter Ballad" (2015), la prova sulla lunga distanza della band pugliese, pur contraendo debiti evidenti e inevitabili con la storica scena post punk britannica e statunitense, non scimmiotta la verace genitura del movimento.
Oltretutto la prematura morte del frontman Pierpaolo Romanelli, avvenuta lo scorso gennaio, accresce l'evocativo e sincero spleen del disco che diviene un commovente omaggio a un amico, prima ancora che a un artista: un destino crudele che rende profetico il titolo del platter e circonda il perimetro emotivo dei brani di un'aura cupa e misteriosamente affascinante. Gli arrangiamenti essenziali, i suoni plumbei e monocromatici, le distorsioni taglienti delle chitarre, il tambureggiare ipnotico della batteria, l'elettronica stratificata, le timide espansioni verso orizzonti di palingenesi: i nostri, da allievi diligenti, conoscono a memoria il copione, tuttavia lo interpretano con tale personalità e sicurezza da risultare autentici e nient'affatto degli sbiaditi epigoni.
L'atmosfera claustrofobica e pluviale di "The End Is Near" disegna i tratti gommosi di un'apocalisse vissuta sul filo di accordi tanto elementari quanto incisivi, mentre basso e percussioni incrociano i rispettivi battiti da lugubre dance ovattata; laddove "Side By Side" vede gli strumenti pian piano abbandonare il singer in una sorta di isolata salmodia venata di lievi tentazioni psichedeliche, in "Collapse" le sciabordate robotiche dei synth colorano la traccia di tinte industrial, con il frontman impegnato a districarsi disperato nelle maglie di un'effettistica straniante. L'ombra dei Lycia del periodo "Ionia" (1991) si materializza nella melanconia di "Crystal Tears": le sei corde si odono in lontananza, ne avvertiamo soltanto il riverbero sinistro, eppure risulta difficile non essere trascinati nel clima rarefatto del pezzo, lasciandosi accompagnare nel baratro dagli echi spettrali e filtrati della voce di Romanelli. Il cupo shoegaze di "Until The New Sun", le scansioni asfissianti di "The Cradle"e la decadenza melodica di "Cut The Silence" trovano nella reiterazione ossessiva la ragione del proprio charme esistenzialista; la frustrazione rabbiosa di "Our Rusted Ways" e la litania funebre di "Memoria - L'Addio", increspata da brevi esplosioni ritmiche, chiudono un'opera che cinge di luci al neon le profonde cavità dell'animo umano.
I Fading Rain dunque si muovono nel buio della coscienza, cercando un terreno solido sul quale deporre la tristezza e l'angoscia dello smarrimento: è vero, altri hanno solcato i medesimi mari, ma "Let Silence Begin" non sfigura, come piccolo gioiello, tra i tomi fondamentali della psicogeografia oscura del subconscio musicale.