Adagio
Life

2017, Zeta Nemesis
Progressive Metal

Un lungo Adagio giocato ai dadi col destino
Recensione di Marco Migliorelli - Pubblicata in data: 30/07/17

Suonare una pausa lunga 8 anni e sortire poi con un album titolato "Life", solletica l'immaginazione e la trae sul sentiero di immediati simbolismi. Sia per la formazione, per metà rinnovata, sia sul piano più schietto del tempo trascorso, - anni spesi nella scrittura di nuova musica e una felice campagna di crowdfunding -, la band francese è infatti protagonista, nel 2017, di una vera e propria rinascita. Simbolica, a fronte di un lungo Adagio, giocato ai dadi col destino. Reale, nella pienezza di suono di questi nove inediti, rilasciati sotto Zeta Nemesis Records, piccola label di Stephan Forté, chitarra e mente del gruppo.

 

Un volto appare a chi, a lungo errando fra tempi dispari e teorie strumentali, scruta nel tempo, alle spalle degli Adagio; è il volto di Santa Teresa d'Avila, la cui estasi mistica fu, per mano di Bernini, resa eterna nel marmo. Un respiro, l'istante del rapimento, quello stesso volto biancheggia nel viola scuro di una cover: è il 2003 e gli Adagio danno in pasto alla critica il loro secondo album "Underworld". Barocco, oscuro, ridondante nella sua prorompente orchestralità, l'album irretiva l'ascoltatore fra le trame di un progressive sfacciatamente sinfonico e talmente equilibrato nelle sue geometrie, capaci di carezzare anche i cromatismi del power (alchimie degne dei migliori Symphony X), da lasciare comunque spessore e presenza agli altri strumenti.

 

Quel respiro catturato da Bernini, dopo un live album e altri due dischi, sembra filtrare il marmo di quel volto, e infondersi in "Life". Un lavoro meno barocco, in cui l'orchestra cede spazio alle singolarità comunque caratterizzanti di pianoforte e del violino della nuova arrivata Mayline. "Trippin' Away", classica ballata del disco, non è certo una nuova "Promises", ma è comunque capace di far vibrare le nostre casse toraciche, cosi affamate di emozioni, con un pregevole accompagnamento dei due strumenti; un soffio finale di dolcezza, dopo un mareggiare inquieto, a tratti luminoso, a tratti sempre cupo, come nell'ultimo lavoro di anni fa, "Archangels in Black". L'album apre con un buon trittico: "Life", title track che spolvera le corde e propone 9 minuti di note suadenti, sul filo del palm mute, alternando accordi biechi, cupi a più ariose digressioni strumentali, fino all'esplosione cromatica del ritornello, rifinita, nell'imprevedibilità del sesto minuto, da un inatteso giro di hammond:

 

As you watch the curtain fall after the movie ends
Walk, and fear not the dark for it made you (stronger)
As you recover from the wounds and all the tears you've shed
Take heart, give thanks and believe
 

 

Forté ha descritto la musica degli Adagio come una astrazione dei colori in note: gioia, paura, dolore, estasi sono lo spettro cromatico della nostra più immediata esistenza. Tante chiavi di lettura del tempo in divenire. Ecco dunque, la title track introduce a questo caleidoscopio di colori e sensazioni, sicuramente più ricca e sfumata di "The Ladder". Questo secondo brano eccelle in manierismo dreamtheateriano, e corrobora la propria sezione centrale, strumentale, con una vertigine di tastiere; classico anche il finale, col ritornello in loop. Nulla a questo punto presagisce lo stacco completo di "Subrahmanya", singolo vincente, che letteralmente si insinua con una lenta introduzione etnica, orientaleggiante. Un'ambra che ben si modella sulla presa potente degli strumenti, ne incoraggia l'avvio e si invola fra gli stacchi, nella parte centrale del brano, fino a caratterizzarlo come uno dei più riusciti.

 

Tre canzoni, come tre carte scoperte, rivelano uno dei punti a favore della rinascita di questa fenice francese. Ha un nome, Kelly Sundown Carpenter ed è la nuova voce degli Adagio. Forté torna a lui dopo un buon riscontro live, e affida le sorti vocali del disco ad un cantante versatile, capace di irruvidire la propria voce, di incarnare la rabbia fino a mutare quella stessa ruvidezza nella più caduca delle incertezze sentimentali. Nel mezzo immancabilmente, esecuzioni più equilibrate, come in "The Grand Spirit Voyage", altro pezzo che manifesta una spiccata tendenza al ritornello di presa immediata, ruffiano, accattivante e ben incastrato tra i fraseggi in questo caso di batteria e tastiera.

 

Se la prima parte del disco sfodera i suoi assi e definisce un chiaro approccio sonoro, la seconda non osa e resta prevedibilmente nei confini tracciati dagli altri brani. Non è un bisogno di innovazione a mancare, quanto una stilla, fosse anche una sola di coraggioso pindarismo, quel desiderio di sperimentare le idee più ardite che fu barocco e intrigante in "Underworld". Non manca la qualità, il solo di "Secluded Within Myself" ad esempio, incornicia un brano piacevole e trascinante; eppure in quella ricorsività dei ritornelli si perde, a vantaggio di facili soluzioni, la necessaria dose di imprevedibilità che ha connotato i pezzi migliori degli Adagio. "Life" stupisce a metà proprio per questo motivo: non osa. Nella sua seconda metà si assesta su strutture più semplici. La stessa "Secluded Within Myself" lascia con l'impressione di un non-finito, ma senza quel potere allusivo e sognante che suscita un'opera infinitamente in tensione espressiva. La conclusiva "Torn", riprende le strutture e le melodie principali del disco senza aggiungere molto ad un finale che avremmo supposto, date le premesse iniziali, più vivido e maestoso. Su tutto, è il caso di dirlo ancora, domina la voce di Kelly Carpenter, spesso co-autore con Forté, nelle liriche e sempre in grado di trarre il massimo dell'espressività dalle linee vocali dei pezzi.

 

"Life" è un album suonato, e pienamente, con generosità e grande mestiere. Piano e violino mantengono l'aria rarefatta, sottile e cristallina, stemperando i momenti più duri e cupi. Impossibile non elogiarne la raffinatezza. Ingiusto non riconoscere a questi 8 anni di silenzio la dignità di un appassionato ritorno. Ora però è tempo di tornare a osare.





01. Life
02. The Ladder
03. Subrahmanya
04. The Grand Spirit Voyage
05. Darkness Machine
06. I'll Possess You
07. Secluded Within Myself
08. Trippin' Away
09. Torn

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