Magia, ovvero pratiche volte a esercitare un dominio sugli eventi e sulle forze della natura. Un'arte che a David Gilmour è riuscita più volte in carriera. Magico il suo tocco, la sua voce, la sua musica, ma quello che è successo a Pompei nell'estate 2016 rientra in quei numeri che riescono solo ai migliori: parliamo del primo essere umano in duemila anni a esibirsi nell'anfiteatro di Pompei con un vero spettacolo, davanti a un vero pubblico. Non ci dilungheremo sul significato della parola Pompei abbinata al nome dei Pink Floyd: siamo al cospetto della storia, nonché di uno di quei luoghi talmente belli da sembrare sospesi nel tempo. La magia (appunto) del non concerto che i Pink Floyd tennero nello stesso luogo ormai nel lontano 1972, immortalato nello storico film "Live At Pompei", è stata almeno in parte ricreata in un evento unico, in una notte di quelle da ricordare. "Live At Pompeii" (con due i, forse per distinguerlo dal primo) è stato un evento per pochi, patrocinato dalla politica e celebrato dalla stampa. "Live At Pompeii" si presenta così, con l'inconfondibile silhouette del Vesuvio che si staglia in tutta la sua magnificenza alle spalle del palco, ed è subito magia.
Pompei è un luogo che evoca ricordi, eventi drammatici scolpiti nella storia, fantasmi del passato che non sono solo quelli di Rick Wright ricordato nell'introduzione della struggente di "A Boat Lies Waiting". La scaletta è un mix ben calibrato fra i classici dei Pink Floyd e il meglio della recente produzione di Gilmour. Ci sono pezzi come "Sorrow" che migliorano con il passare del tempo, altri che riemergono nel loro antico splendore come "Fat Old Sun" (da "Atom Heart Mother") qui dilatata in favore del solito, splendido assolo di Gilmour, per non parlare dell'intimismo di "On An Island" e della malinconia di "High Hopes". E' un David Gilmour che pur condividendo buona parte degli allestimenti e della scaletta con la band che gli ha dato la gloria, appare assai più conviviale, capace di dare maggior spazio alle improvvisazioni e un sound che non può, pur con tutto il bene del mondo, essere uguale a quello dei bei tempi, ma che non si può certo discutere. La differenza ha un nome e si chiama Richard Wright, forse il membro di cui si sente maggiormente la mancanza su certi pezzi.
Anche se la voce è più scavata del solito, anche se il wall of sound non è più quello dei tempi migliori, noi ci lasciamo ancora una volta cullare da David, proprio come la barca del testo di "A Boat Lies Waiting", per provare ancora una volta "that old time easy feeling". Splendi ancora, folle diamante.