Block Buster
Losing Gravity

2019, Frontiers Music
Hard Rock

Recensione di Manuel Di Maggio - Pubblicata in data: 14/10/19

Quando si parla del dittico Scandinavia-musica rock, ormai si sfonda una porta aperta e i Block Buster, band finlandese che debutta con questo "Losing Gravity", non ne sono esenti. Qualche anno fa, la scena hard-rock d'ispirazione anni '80 sembrava essere diventata una costante tra le band emergenti; tuttavia, è da qualche tempo che il fattore "riscoperta" si è spostato di una decade, ripescando sonorità più vicine agli anni '70. I Block Buster, per loro stessa ammissione, si avvicinano molto ai Seventies, ai quali, secondo le parole rilasciate dopo l'uscita di "Move" - singolo di lancio -, affermano di aver aggiunto un sound più moderno. In effetti, il loro stile potrebbe benissimo definirsi un misto tra l'hard-rock dei Bad Company, dei Free e dei Nazareth e, perché no, con i dovuti paragoni, di band come i Foo Fighters - soprattutto nella loro veste più recente -. Per definire al meglio questo disco potremmo rispolverare il termine "AOR", tanto usato negli anni '80 per definire quel hard-rock d'impatto diretto principalmente alla programmazione radiofonica.


I riff potenti, i cori, gli assoli... tutti i codici tipici del genere li ritroviamo già da "Out in the City", brano che presenta sin dall'inizio tutto ciò che vedremo successivamente e per il quale siamo ormai abituati a riconoscere un genere già ampiamente esplorato. Il tutto prosegue uniformemente per le successive "Gone By the Morning", "Flammable" e "Back from the Shadows". Tutti brani potenzialmente pubblicabili come singoli per via del loro andamento molto accattivante. Poi è la volta della title track, "Losing Gravity". La tradizione dei dischi hard-rock vorrebbe che la traccia numero cinque fosse la ballata e, sebbene in questo caso non si possa accomunare il brano alla tradizione vera e propria, "Losing Gravity", con un'atmosfera più on the road, rappresenta un perfetto stacco che conferisce respiro al disco. La successiva "Sweet Mary Jane", infatti, con un sound fresco e quasi glam, ci riporta dove ci eravamo lasciati con le prime quattro tracce. Inevitabilmente, da qui in avanti, il disco pare riprendere pedissequamente gli stilemi di genere, soprattutto con il già citato singolo "Move", brano che, in gergo concertistico potremmo definire riempi pista. "Would You Do It Again", la penultima traccia, è senza dubbio quella dal sound più «attuale» - anche se più propriamente apparterrebbe ai primi anni Duemila - e potrebbe benissimo figurare nella colonna sonora di qualche sit-com dai toni tragicomici. "Buttleproof", la traccia conclusiva, anch'essa vicina al mondo on the road, ripercorre ancora una volta la stessa strada battuta dai primi quattro brani.


Un album interessante il quale, tuttavia, soffre della stessa «sindrome della fotocopia» che ha caratterizzato il mondo del hard-rock negli ultimi anni. Se da un lato la prima parte vola via molto facilmente, la seconda soffre di un sentore di «già sentito», ma non necessariamente è un male per una band che si era proposta come amante del retrò.





01. Out In The City

02. Gone By The Morning

03. Flammable

04. Back From The Shadows

05. Losing Gravity

06. Sweet Mary Jane (Album Version)

07. Somebody To Shock Me

08. Walking Like A Dog

09. Move

10. Would You Do It Again

11. Bulletproof

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