All'ascolto di "Canzoni Quasi Disperate", seconda opera di Loizzi, sembra di sfogliare un album di vecchie fotografie, il cui sfondo è un'Italia dell'assurdo, tagliata giù un po' alla buona. Al centro troviamo l'autore, colto nel suo autobiografismo e calato in una realtà che non può che stargli scomoda. Undici tracce in cui la metafisica si intreccia alle illusioni e alle insoddisfazioni della vita odierna.
La malinconia e l'amaro che permeano l'intero album si distinguono fra del folk, pop, dello swing, del latin e persino un pizzico di rock. Gli arrangiamenti, ben giostrati ed equilibrati, rendono questo cantautorato sicuramente più raffinato e diretto. Così ogni traccia arriva dritta al punto, con semplicità e schiettezza. Loizzi sembra salvarsi dal reale con questo "Quasi", con la sua forte ironia, con le sue evasioni che bene emergono nella pop-folk "Un poeta scadente".
"E se per caso" con la sua apertura retrò, è un divertente catalogo di rimpianti e ironiche comuni asserzioni sul giorno d'oggi, dal ritornello orecchiabile. Delizioso il citazionismo filosofico di "Canzone filosofica", uno swing divertente e gustoso. "I miei giorni migliori" sferra un potenziale tutto pop un po' alla Sanremo mentre l'irriverente "Tempi moderni" mette in chiaro alcuni luoghi comuni, forse cadendo un po' troppo nello scontato, in questo caso anche per quanto riguarda l'arrangiamento. Chiude gentilmente con le malinconiche disillusioni da carillon di "Valzer senza nome".
Undici tracce di facile ascolto, dal sapore forse un po' troppo vintage e romantico main conclusione, si tratta di un album sicuramente delicato e ben equilibrato fra arrangiamenti e cantautorato.