Dalla fisica alla metafisica, dalla Terra a un bel po' più su. Il prodigioso ventunenne Lucio Corsi, prodotto niente meno che da Federico Dragogna, si era presentato con l'EP tutto terrestre "Vetulonia/Dakar" e ora galleggia sempre più verso l'alto con "Altalena Boy". L'album d'esordio è così composto, due distinti EP, ognuno con la propria copertina e tracklist, come si trattasse dei due lati di un vinile.
"Vetulonia/Dakar" è un inno alla terra. Una poetica che viene cullata tutta nelle campagne della maremma, perchè "a lui piace la Terra", tra le sue api, i suoi personaggi, addirittura tra i dinosauri, e che racconta in realtà anche delle piccole cose importanti, come il bruciare delle sigarette, il cuore, la lontananza e la mancanza. Ma già anticipava "Voliamo via da qua, come farfalle voliamo via da qua, come farfalle libere di vivere la loro breve vita" ("Soren"). E dai voli pindarici tra gli insettini e le riflessioni in tram o su un balcone arriva alla consapevolezza di "Cocomero" per chiudere con la sconsolata "Canzone per me".
Così dalla semplicità fondata su una chitarra e una voce, che già faceva invidia, si passa ad arrangiamenti più articolati e ricchi, che però mantengono la pacatezza, l'immediatezza di un lavoro pieno e sensato e cominciano a far alzare lo sguardo. L'ascesa inizia con la storia di "Altalena Boy", un povero ragazzo che dopo un giro della morte in altalena sparì e cominciano a comparire, tra gli alberi e gli zingari, anche extraterrestri e marziani. Quindi il passaggio alla ballabile ed ironica "Alieni", a detta di Corsi, puntuali, e pugni e calci nel sedere per sola invidia di chi così in alto non ci sa arrivare. Il volo continua con "L'Astronave", più riflessiva, un po' di poesia in un volo tutto immaginario, "quando qualcuno mette un disco e questo disco gira / e questo disco suona". Incalzante e sbarazzina "Godzilla" è tutta un gioco di comparazioni e vanta di giri di chitarra che non se ne vanno dalla testa; ci lascia da telecronista e cantastorie con "Migrazione generale dalle campagne alle città"
Si tratta del mondo visto da due occhi vispi e capaci di guardare oltre, di mani che sanno esattamente come muoversi su una chitarra e della capacità di raccontare con un linguaggio concreto e ingenuo riflessioni e storie straordinarie. Così nella sua semplicità sembra smontare i coevi artisti tanto costruiti, anzi che cantare drammi adolescenziali conditi di droga e alcol, con la sua chitarra inneggia alla materia, alla terra e a un cielo tutto da scoprire con una bravura ed una tecnica che sembrano uscirgli naturale.