Luluc
Passerby

2014, Sub Pop
Indie/Folk

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 06/08/14

Ci son dischi che hanno un'infida potenzialità: quella di spiazzarti, d'essere a primo acchito tanto pessimi da farti chiedere se non sei tu quello che ha sbagliato completamente approccio, nel momento in cui ti sei accinto ad ascoltarli. "Passerby", seconda opera dei Luluc (duo messosi tanto in mostra, con l'esordio "Dear Hamlyn", da meritarsi l'attenzione di Aaron Dressner, chitarrista dei The National qui presente come produttore), è uno dei "fortunati" album a possedere tale superpotere, lasciandoti al suo termine con un attanagliante dubbio: non è che magari l'ascoltatore medio d'indie folk desidera intimamente l'aver sussurrato alle orecchie un enorme mucchio di suggestioni deprimenti, in numero tale da far invidia a un album di funeral doom metal?

 

Perché, se così fosse, la raccolta di lagne confezionata dal duo statunitense-australiano sarebbe un capolavoro assoluto e indiscutibile: accompagnata da una componente strumentale minimalista quando non praticamente impercettibile (tolto qualche timido tocchetto agli ultimi tasti del piano, come nell'opener "Small Window", o qualche lacerante inserto di violino, come nella conclusiva "Star", il tutto si limita a un'interminabile serie di arpeggi indistinguibili l'uno dall'altro), la vocalist Zoë Randell si muove a suo perfetto agio tra il noioso e l'assolutamente soporifero, con voce sì calda, ma al tempo stesso d'una piattezza imbarazzante, indolente, e priva del benché minimo accenno di vitalità.

 

Chi scrive, purtroppo, fa parte di quella schiera d'ascoltatori che dal genere a cui quest'album appartiene s'aspetta quantomeno il tentativo di coinvolgere, d'offrire uno spettro d'emozioni che vada oltre una monocromatica, asettica, impenetrabile malinconia. Paradossalmente, durante l'ascolto, a regalare sorrisi e speranze non sarà il tremolante e per nulla convinto ottimismo della coda della title track ("And as you go, know I love you so"), ma piuttosto la puntualizzazione della fugacità d'ogni cosa e d'ogni essere, affidata alla lunga lista di morti che riempie il testo dello stesso brano: si realizza tra un verso e l'altro che, come il povero agnello o il piccolo uccellino dall'ala rotta, anche "Passerby" avrà presto una fine. E si è istantaneamente un po' più felici.





01. Small Window     
02. Without a Face     
03. Passerby         
04. Winter Is Passing     
05. Tangled Heart     
06. Senja     
07. Reverie on Norfolk Street     
08. Early Night     
09. Gold on the Leaves     
10. Star

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