Cosa ci aspetta questa volta? Un album verde, dominato da un elemento, il legno, sul quale l'inconfondibile simbolo dell'emisfero dedicato alla morte è inciso. Colori ed elementi, come appunto il verde, il legno, ma anche il bosco, che arricchisce il corredo simbolico di "Through Shaded Woods", preannunciano invece qualcosa di più naturale, di più genuino e diretto. In tale senso si pronuncia anche la durata complessiva del disco, appena 39 minuti, in qualche modo "compensata" da una generosa aggiunta di materiale bonus, consistente in 3 tracce delle quali l'ultima tocca i 28 minuti.
L'opener "Navvie" incarna immediatamente la percezione visiva creata con la copertina dell'album. Ci troviamo subito in una danza folk nord-europea, dove gli strumenti acustici, manco a dirlo, la fanno da padrona e una ricorrente cantilena tribale duetta con archi e cornamuse sintetiche. L'atmosfera ci suona subito positiva per gli standard di Mariusz Duda, anche se carica di quell'onirica malinconia che ci permette comprendere la collocazione del disco nell'emisfero dedicato alla morte, appena prima della reincarnazione avvenuta con "Fractured".
La prima parte di "Through Shaded Woods" procede in questo senso, reintroducendo pian piano le sempre curate linee vocali e soprattutto la dominanza assoluta del basso, che nella title-track emerge dallo strato di melodie di chitarra acustica e di banjo per prendersi la scena in una seconda parte di brano che ammicca al succitato red album. "Oblivion" è poi un classico pezzo a la Lunatic Soul, che richiama le atmosfere epiche e tormentate di "Walking On A Flashlight Beam", disco del 2014 teoricamente posizionato da Duda in maniera diametralmente opposta nel grande disegno del concept della sua discografia.
Eppure, nell'universo dell'anima lunatica anche gli opposti tendono ad assomigliarsi, così, come "Walking On A Flashlight Beam" sanciva, con un forte sentimento di depressione, il passaggio al mondo dei morti, "Through Shaded Woods" anticipa con genuina speranza la rinascita, attraverso la coinvolgente "Summoning Dance" e la speranzosa "The Fountain". Una speranza che sappiamo essere destinata a spegnersi con l'esperienza nel mondo dei vivi, dove però un ultimo tassello manca a completare il quadro.
Ritornando un attimo a ragionare su "Through Shaded Woods" nella sua unicità, possiamo dire che la nostra curiosità iniziale è stata soddisfatta solo in parte. L'album è sicuramente coinvolgente e ricco di sonorità, aspetti che Mariusz Duda ha progressivamente trasformato in certezze nel corso della sua carriera solista e non, ma ci lascia in qualche modo turbati il quasi totale rovesciamento di paradigma rispetto alla nuova direzione intrapresa in "Fractured", in favore di sonorità delle quali la discografia precedente era già colma. L'elemento "nuovo" è se vogliamo rappresentato dalla forte impronta folk data alla prima parte del lavoro, che comunque non aggiunge tocchi di originalità o di freschezza. Anche il fatto che il disco non sia stato sviluppato su un minutaggio più importante può rappresentare una conferma in questo senso. Possiamo sicuramente dire di non aver ascoltato il lavoro più memorabile della discografia di Lunatic Soul, ma di un pezzetto del grande puzzle che può assumere maggiore valore attraverso gli occhi dei suoi completisti.