Lustre
They Awoke To The Scent Of Spring

2012, De Tenebrarum Principio
Black Metal/Ambient

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 01/03/13

Tutto parte dal cuore, le apparenze son solo illusioni

 

La premessa riportata qua sopra non è una frase buttata lì giusto per dir qualcosa; molte volte si associa il black metal a qualcosa di necessariamente malvagio, privo d’anima, per il semplice fatto, magari, che la musica non è aggraziata da melodie mielose, da testi e ritornelli rassicuranti. Sono altrettante le volte in cui i nostri stessi gusti tendono ad avvantaggiare melodie che all’inizio sembrano aver qualcosa da dire, ma in realtà, una volta capito il meccanismo, si scopre che il loro significato “profondo” sta proprio in quell’apparenza che lascia il tempo che trova. Il progetto Lustre non ha parole, né frasi da ricordare, né ritornelli da canticchiare. Eppure ha dalla sua un senso di profondità non proprio comune.

 

Questo “They Awoke To The Scent Of Spring, ultima fatica del progetto che vede l’artista svedese Nachtzeit nuovamente impegnato nelle vesti del factotum, ha bisogno di poche presentazioni. Si tratta di un album composto esclusivamente da quattro lunghe tracce che sembrano raccontare una storia; sembrano, perché come detto sopra l’uso della voce non esiste, le parole si formano attraverso le nostre sensazioni durante l’ascolto, soprattutto nelle prime due tracce – le più movimentate – in cui troviamo piccoli striduli in lontananza che rimarcano una certa territorialità black, con riff che pur sembrando ripetitivi nascondono una malinconia sognante e per niente scontata. Mano mano che ci avviciniamo alla terza traccia, l’atmosfera si fa sempre più eterea, riflessiva, sognante, ed è proprio la splendida terza traccia a confermarlo attraverso un synth che sembra aspettare una luce – chissà quale – e sembra trovarla incontrando a metà brano una batteria che scandisce il tempo in modo spontaneo e decadente. È proprio la quarta traccia, però, a confermare quella luce tanto ricercata, una traccia completamente avvolta dalla pioggia, non un gocciolare noioso ma un vero e proprio temporale invernale che per tutta la durata della traccia non ne vuole sapere di fermarsi. Quasi sul finale, il synth scompare dalla nostra percezione uditiva e senza troppi colpi di scena la pioggia inizia a calmarsi.

 

Certo c’è da dire che se il nostro musicista vorrà continuare su questa strada dovrà dar più spazio a dei riff molte volte imprigionati in un oblio ripetitivo e senza scampo, pur tenendo a mente che il lavoro di chitarra non dovrà imprigionare a sua volta l’atmosfera “ambient” dell’opera.





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