Sembra lapalissiano affermare che qualunque band desideri avvicinarsi all'industrial metal degli anni '90 scelga quali punti di riferimento Ministry e Godflesh. Operazione, questa, cara anche ai Realize, al bis in studio dopo un esordio, "Demolition" (2017), ancora molto acerbo e figlio ciecamente entusiasta delle lezioni di Al Jourgensen e Justin Broadrick. Nel nuovo album, però, il gruppo dell'Arizona, pur non uscendo troppo dal canovaccio che conosce a menadito, segue una direzione precisa, lasciando da parte sia l'impulsività giovanile del debutto sia alcune restrizioni di casta.
Perché, in effetti, "Machine Violence" mostra un'impalcatura compositiva a cui non dispiace sorreggersi su piloni sì fondamentalmente tutti dello stesso materiale, ma che possiedono diverse gradazioni di colore. Attraverso testi che amano spulciare tra scenari distopici e science fiction non convenzionale, gli statunitensi catturano la claustrofobia funebre di "Streetcleaner" e l'anima robotica di "Psalm 69" e vi entrano a piedi uniti in virtù di un approccio hardcore acre e abrasivo. Sbocciano così "Alone Against Flames", "Melted Base", "Long Stare", pezzi urlati e dinamitardi, dalle ritmiche ossessive al limite della techno e con la grana grossa delle chitarre che cozza contro la parete old school dei synth modulari. Niente di trascendentale, ma un discreto pugno nello stomaco.
Dal taglio più heavy, invece, "Hypermerch", "Disappear" e "Slag Pile", brani nei quali la drum machine viene programmata su cadenze leggermente meno marziali, il che permette l'emersione di suggestioni cyber thrash di marca Fear Factory. E in un lotto poco incline ai momenti salubri, sorprendono i due minuti acustici di "Heavy Leg In The Mansion", quasi una rivincita dell'elemento umano nei confronti delle macchine: un ribaltamento, forse effimero, dell'oscurità meccanica e sabbiosa trasudante da "The Ghost In The Void", ipnotico mid-tempo in stile "Scarecrow".
Chi ricordi le atmosfere del cult movie "Hardware" e la razionalità sterminatrice dell'androide M.A.R.K.-13, non potrà non sovrapporgli con gusto "Machine Violence". E benché i Realize abbiano ancora della strada da percorrere, un secondo disco che stimoli tali vettori sensoriali lascia comunque ben sperare per il prossimo futuro.