Pare di sentire gli Ozric Tentacles, nel momento in cui si lancia l'ultimo disco dei Maserati: ghirigori elettronici e terse atmosfere sintetiche, bassi fluidi, chitarre che ci mettono interi minuti prima di prendere definitivamente la scena, in uno spacconissimo tripudio di lente note, bending e de lay: "No Cave" apre, in maniera assolutamente trionfale, il sesto album di una post-rock band da sempre assolutamente inortodossa, dedita in ogni sua uscita all'aggiunzione di nuovi atipici dettagli a una ricetta ormai più che consolidata.
In "Rehumanizer" il nuovo è -paradossalmente- una battuta di caccia in territori ottantiani, con una parte centrale di disco completamente dominata da voci in pieno stile krautrock-wave ("Living Cell") o da abusi di vocoder ("End Of Man"). Una divagazione forse azzardata, che fa perdere fin troppo il focus di un disco che, tendenzialmente, si mette nel lettore per aver sotto i denti atmosferiche peregrinazioni strumentali. E inveceper tre lunghi brani i Maserati si adeguano a una forma canzone lenta, indolente e banalotta, snaturando una formula apprezzabilissima senza che la qualità del risultato giustifichi un tale stravolgimento.
Non è un caso, appunto, che le migliori emozioni di "Rehumanizer" arrivino tutte in coda, quando -come in un momento di lucida redenzione- la band piazza quel che è senz'altro il brano più canonico del lotto: un estenuante ma stupendo tributo al post classico prende forma nelle note della title track, come una sorta di monito finale (della durata di più di venti minuti) lasciato a ricordare l'esistenza di casi in cui il troppo coraggio non è necessariamente una virtù.