E "Kuts", eccezion fatta per quel pullulare di "k al posto di c" nella tracklist, che ci fa ricordare i modi di fare della nostra adolescenza e ci fa venire voglia di autocastigarci mozzandoci le dita, espone ordinatamente tutti i punti di forza del songwriting del buon Skiba: è una raccolta di brani brevi, semplici e innegabilmente accattivanti, nelle sue declinazioni più romantiche (la dolce e semiacustica "Krazy", l'ottantiana "I Just Killed To Say I Love You") e in quelle più agitate ("She Wolf"), in quelle più tipicamente giovanili, anthemiche e mono-accordo ("She Said" e il suo progredire cadenzato da "Hey", che sembra uscire direttamente dalla metà degli anni '90) e in quelle più malinconiche (le meste strofe di "Hemophiliak").
Ultimo frutto di una creatività apparentemente inarrestabile, "Kuts" ha anche il pregio di affiancare alla sua orecchiabilità una natura più ricercata di quanto potrebbe sembrare a un primo ascolto: tra i power chord c'è posto qualcosa che ricorda alla lontana David Bowie, per inserimenti di synth che si ispirano chiaramente al post e alla new wave. Elementi che nobilitano assolutamente questo secondo lavoro firmato Matt Skiba, impedendogli di diventare una piacevole consumazione da relegare presto sullo scaffale.