Max Pezzali
Astronave Max

2015, Warner Music Italy
Pop

Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 21/06/15

Tutti noi dobbiamo qualcosa agli 883. Tutti, che tu sia il metallaro burbero con le borchie nella spina dorsale e che parla in growl anche nella vita quotidiana, che tu sia il rocker dal lungo crine che segue alla lettera il trittico dictat sesso, droga e rock n’ roll. In gioventù, nella preadolescenza o nell’adolescenza stessa, c’è stata, per forza di cose, almeno una canzone degli 883 che ha perfettamente inquadrato una precisa situazione, un periodo preciso. I testi della band, anzi duo di Max Pezzali e Mauro Repetto erano semplici, eppure efficaci. Il motivo? Raccontavano storie quotidiane, episodi che tutti i ragazzi hanno o avrebbero vissuto, il tutto senza essere banali.

Se considerate gli 883 banali, se con profonda convinzione asserite che non dovete nulla a quei due per la vostra formazione dell’Io giovanile, tre sono le possibilità: o siete cattive persone, o siete persone brutte, o siete nati nel 2047.

Torniamo ai giorni odierni, 2015: Max Pezzali è ancora presente nei nostri impianti stereo, un po’ invecchiato ma sempre con la voglia di raccontare. Unica differenza: il Max cantore di una generazione, autore di storie schiette, semplici, con una forza incredibile nell’incastonarsi nel cervello, è rimasto impalato ad osservare la segnaletica che gli indica in maniera confusa i punti cardinali. “Astronave Max” è ciò che spazza via quanto pur di buono, episodicamente, il cantante ha seminato anche in epoca recente. La nenia sdolcinata e dall’improbabile linea vocale di “È Venerdì” è irritante, “Il Treno” ha un testo bellino, ma l’uso smodato di autotune e vocoder, benché voluto, è dannatamente fastidioso; altalenante “La Prima In Basso”, ma dove si respira un sentore del buon vecchio Pezzali è in “Col Senno Di Poi”, “Fallo Tu” e “Come Bonnie E Clyde”, le uniche vere e proprie chicche in cui davvero si può dire di ritrovare quella sensazione di ascoltare qualcuno che ha vissuto le tue stesse esperienze, un po’ con saggezza, un po’ con ironia. Anche “Astronave Madre” tenta di ricreare una situazione simile, ma scade nella banalità ed un po’ di noia.

“Astronave Max” atterra malamente sul pianeta Terra. Blando, quando vuole colpire manca clamorosamente la spalla dell’ascoltatore su cui effettuare la proverbiale pacca. Non siamo nostalgici, né altezzosi rocker spergiuri: noi dobbiamo qualcosa a Max Pezzali, se non altro perché continua a voler raccontare storie quotidiane. Atto temerario, atto da chapeau, ma il risultato questa volta lambisce lidi banalmente disastrosi. Banale, ecco il termine che meglio descrive questo album, eccezion fatta per gli episodi prima citati. Lo scriviamo non crogiolandoci nel sadico divertimento di una stroncatura, ma con il dispiacere di esser schietti, di dover essere schietti nei confronti di chi, in un modo o nell’altro, ha fatto parte della nostra vita musicale in maniera altrettanto schietta.



01. È Venerdì
02. La Prima In Basso
03. Superstar
04. Sopravviverai
05. I Fiori Nel Deserto
06. Col Senno Di Poi
07. Niente Di Grave
08. Generazioni
09. L'Astronave Madre
10. Fallo Tu
11. Come Bonnie E Clyde
12. Ogni Giorno Una Canzone
13. Il Treno
14. Astronave Madre (Theme)

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