Mestis
Polysemy

2015, Sumerian Records
Prog Metal

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 16/11/15

Membro di un'eminenza del progressive metal più cervellotico e complicato, Javier Reyes estrae gli elementi fondanti dell'anima strumentale dei suoi Animal As Leaders, castigandola in brani che non raggiungono mai i sei minuti, trovandole una dimensione simile per alcune sfaccettature e alcuni dettagli, ma completamente diversa a un distaccato sguardo d'insieme.

"Polysemy", primo album del nuovo progetto Mestis (la polisemia, cosa curiosissima per un disco del tutto strumentale, è l'associazione di una parola o di una frase a più significati diversi) è un disco dal songwriting granitico ed energico, tecnico ma al tempo stesso armonico nelle sue dissonanti progressioni. Con una prestazione chitarristica eccellente a far da collante a tutte le tracce, s'ascolta djent afono e metallico su "Gentle Giant" e plettrate vellutate alla Plini sulla riflessiva e delicata "Pura Vida", etniche festicciole poliritmiche su "Menos Mal" (che sembra una versione sotto steroidi di un tipico progetto post-rock) e paradossi latini che emergono da manti di bending su "Eclipse".

Caratteristico e tecnicamente perfetto, "Polysemy" è forse soltanto rivedibile in quanto a incisività: le idee portanti restano limitate a una, massimo un paio per ogni brano, e la ricordabilità degli stessi è, nella maggioranza dei casi, abbastanza limitata. Non un problema insormontabile, per un progetto secondario che è un'incredibile vetrina di abilità compositiva e, non meno importante, un ascolto strumentale che s'ascolta d'un fiato e sempre assorti, senza percepire mai il minimo accenno di noia.



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