Ministry
From Beer To Eternity

2013, AFM Records
Industrial Metal

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 05/09/13

Ed alla fine siamo veramente giunti al termine del lungo viaggio dei Ministry. Questo tredicesimo album (se si vuol credere alla nomea di numero infausto, in questo caso non si verrebbe smentiti da nessuno) sarà l’ultimo, ed anche se ai loro tempi sia “The Last Sucker” che “Relapse” erano stati presentati come il definitivo saluto della band, in questo caso difficilmente in futuro ci troveremo di fronte a dei nuovi inediti targati Ministry, dato che "From Beer To Eternity" è l’ultimo lascito del chitarrista Mike Scaccia, morto prematuramente sul palco lo scorso dicembre durante un’esibizione del suo altro gruppo Rigor Mortis (nomen omen, dirà chi crede ai segni del destino). Al Jourgensen, voce e mente geniale dei Ministry, nonché grandissimo amico di Scaccia, ha voluto ricordare il suo compagno d’avventura proprio con la pubblicazione di questo album.

Tutte le tracce di “From Beer To Eternity” sono state registrate dall’intera band durante il mese di dicembre dello scorso anno, e la sfortunata fine del chitarrista durante una pausa della lavorazione non ha comunque impedito ai restanti membri del gruppo di portare a termine questa loro ultima fatica. Se si dovesse descrivere questo album con un solo termine, di sicuro si potrebbe utilizzare la parola eclettico: le influenze presenti sono le più molteplici e disparate, ma hanno comunque tutte un comune denominatore nel talento alla chitarra di Scaccia, vero elemento scatenante durante la creazione dell’album.

L’apertura dell’album tocca a “Hail To His Majesty (Peasants)”, degno rappresentante dello stile industrial dei Ministry, dove passaggi ipnotici di tastiere e voce si alternano a chitarre più pesanti. Naturalmente, un album dei Ministry non è tale se non vi sono presenti dei testi taglienti che vanno a toccare tutte quelle piaghe del mondo moderno (ipocrisia, capitalismo, avidità, guerra) da sempre nel mirino di Jourgensen, ed anche quest’ultimo parto non è da meno: già con la prima traccia ci troviamo di fronte ad un sarcastico ritratto del modo di vivere e di pensare delle rockstar. Ma anche le successive tracce non sono da meno, come per esempio “PermaWar”, un pezzo molto più tranquillo rispetto allo standard dei Ministry, con un riff di chitarra molto roccioso che fa da sottofondo a campionamenti di discorsi pubblici di Obama su terrorismo ed armi nucleari, e la critica di Jourgensen all’ormai costante stato di guerra quale metodo per tenere in vita l’economia mondiale. Si parlava di eclettismo, ed ecco che compare “Change Of Luck”, con le sue chitarre mediorientali e psichedeliche, oppure “Perfect Storm” ed il suo piglio che si alterna tra thrash e punk, o ancora “Thanx But No Thanx” che alterna un andamento reggae a chitarre elettriche pesanti, il tutto condito dall’elenco dei mali del mondo, o “Lesson Unlearned” ed i suoi coretti quasi soul ed il “solito” assolo di classe di Scaccia. Ascoltare un album dei Ministry è come fare un giro sull’ottovolante: ci si trova sballottati in tutte le direzioni ed una volta tornati con i piedi per terra si è frastornati, ma nonostante questo ci si rimette nuovamente in coda per un altro giro.

Infine, si è giunti al termine dello spettacolo, i Ministry salutano dalla ribalta, le luci si spengono ed il pubblico torna a casa, si spera soddisfatto. La lunga carriera durata tredici album giunge alla sua conclusione, con la pubblicazione di un album che non sarà forse il migliore tra quelli scritti nel corso degli anni, ma che è di certo quello più carico di emozioni, degno tributo alla chiusura della carriera di un gruppo e della vita del loro chitarrista, stroncata quando poteva ancora dire molto in campo artistico.

Cali il sipario.



01. Hail To His Majesty (Peasants)
02. Punch In The Face
03. PermaWar
04. Perfect Storm
05. Fairly Unbalanced
06. The Horror
07. Side Fx Include Mikey's Middle Finger (TV 4)
08. Lesson Unlearned
09. Thanx But No Thanx
10. Change Of Luck
11. Enjoy The Quiet

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