Il sigillo in ceralacca, fin dall’antichità, è stato complice, attraverso lettere e pergamene, di arcani misteri, amori clandestini e segrete alleanze arrivate a noi una volta affrontata la furia del tempo. Un'introduzione prevedibile, forse? Decidete voi. In realtà la scelta di presentare in questo modo la recensione di “Nimmermehr” dei tedeschi Mono Inc. è scaturita unicamente dalla visione dell’artwork. Tuttavia, una volta violato il recondito sigillo, siamo stati costretti a far fronte ad una profonda delusione, personificazione terrena della dea Noia.
Parlare di grande qualità musicale ma soprattutto originalità con i Nostri sarebbe veramente un'eresia. Anche a questo giro, infatti, i quattro musicisti di Amburgo confezionano un album dedito al solito gothic rock incatenato a movimenti e sinuosità industrial ben poco spettacolari. “Nimmermehr” è il classico album che, senza troppi giri di parole, potrebbe essere paragonato con quanto fatto dagli osannati Rammstein o dagli Oomph!. Naturalmente non ci riferiamo a nessuna categoria o etichetta, bensì all’aspetto musicale stesso, che senza alcuna variante ripercorre passo dopo passo soluzioni già sentite, sfornando ritornelli privi della più semplice naturalezza che non riescono nemmeno a far canticchiare l’ascoltatore.
Canzoni come la poco raccomandabile “Heile, Heile Segen” servono da lezione per carpire quale sarà l’ispirazione dell’intero lavoro. Non bastasse questo, ci pensa il duetto (con tanto di video ufficiale) di “Kein Weg Zu Weit”, nenia soporifera rovinosamente eseguita in compagnia della pop star tedesca Joachim Witt, a peggiorare la situazione. Se è vero che la popolarità acquisita dai Mono Inc. in terra tedesca va ricondotta alla strage (curiosa emotività tedesca non trovate?) che vide coinvolto a quei tempi il frontman Miky Mono è altrettanto vero che ora l’intera credibilità della band grava sulle spalle di un Martin Engler la cui vocalità non è tra le più carismatiche.
Ispirazione e originalità da queste parti sembrano proprio mancare. È un peccato perché il sottoscritto ha sempre pensato che quella vena “pop” mai troppo nascosta nei Nostri avrebbe un giorno preso il volo e regalato un album magari meno rude e “metal” ma emotivamente più coinvolto, magari dotato di ritornelli e soluzioni più semplici ma tutt'altro che monotone.