Monuments
The Amanuensis

2014, Century Media
Prog Metal

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 29/06/14

E' un gioco di luci ed ombre, di bianco e nero, di essenze unite nella loro solo apparente antitetica complementarità, di yin e yang: lo mettono in testi e musica i Monuments, lo marchiano a fuoco nelle tracce del loro secondo studio album "The Amanuensis", come a volerne fare l'ideale metafora del loro genere musicale, tra demiurgici propositi da iniziatori di vita ("I The Creator") e definitivi desideri d'annientamento ("I The Destroyer").

Trattasi di prog metal, infatti, per l'esattezza di quel caso particolare stazionante al limite del metalcore (djent, lo chiama qualcuno), fatto di pesantezze normalmente precluse al genere e di slide sui manici verso power chords dalle tonalità penetranti, di duelli tra voci quasi angeliche e bestiali harsh. Un sottogenere che fa dell'alternanza rabbia-calma, prima ancora che della maniacale attenzione al minimo dettaglio tecnico, il suo tratto più distintivo; ed è una dicotomia che nel secondo album dei britannici tocca apici impensabili, con falsetti d'estrazione quasi r'n'b/soul (si ascolti l'opener o alcuni estratti tra "Garden Of Sankhara", quest'ultima colma anche d'esplosioni di piena voce da veri brividi, che testimoniano come l'inserimento in formazione di Chris Barretto sia stato un gran colpo per l'ensemble) che fanno a cazzotti con poderosi, potentissimi growl (le bordate da grindcore che mettono le cose in chiaro, fin da subito, su "The Alchemist" "Atlas").

E' una tracklist, nella media, tutt'altro che morbida: i salti di plettrate in accordatura costantemente ribassata incupiscono le partiture sostanzialmente su ogni traccia, e un immancabile blast beat conferisce all'album un piglio forsennato, inarrestabile. Non mancano però, sparsi con gusto sui vari brani, finezze e aperture di respiro più ampio che impreziosiscono le trame intessute dalle giovane band: i sussurri e i pizzichi orientaleggianti di "Quasimodo", l'atmosferica coda di "Jinn", il curioso cantato a cappella (che qualche idea si sia presa dagli ultimi colpi di genio dei connazionali Haken?) della sorprendente "Saga City".

Ornamenti, quelli elencati, che bastano per salvare i Monuments dal rischio di scadere nel noioso monolitismo che contraddistingue molte band concorrenti, ma che tuttavia non sono ancora sufficienti per far passare i britannici dallo stato di ottimi esecutori a quello di inventivi innovatori: non siamo ancora, per dire, ai livelli dei conterranei TesseracT, ma ci troviamo comunque, senza dubbio alcuno, al cospetto di una band da seguire con grande attenzione.



01. I The Creator

02. Origin Of Escape

03. Atlas

04. Horcrux

05. Garden Of Sankhara

06. The Alchemist

07. Quasimodo

08. Saga City

09. Jinn

10. I The Destroyer

11. Samsara

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