Moonspell
The Antidote

2003, Century Media
Gothic

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 26/12/13

Musica e letteratura, binomio affascinante e inscindibile, due forme d’arte che da sempre si alimentano a vicenda, con dinamiche ogni volta differenti. Una di queste è quella che nel 2003 ha visto i portoghesi Moonspell collaborare con lo scrittore Josè Luis Peixoto per la release di “The Antidote”. Il sesto full length dei lusitani è un progetto molto particolare, che vede disco e libro uscire in contemporanea in un’unica release; un’opera unica reciprocamente ispirata quindi, con i testi di Fernando Ribeiro che ricalcano fedelmente i contenuti e la struttura del romanzo. L’heavy metal si eleva ancora una volta a musica colta, l’unica capace di veicolare in maniera efficace determinate tematiche e atmosfere ritenute non convenzionali. I Moonspell cercano quindi l’antidoto contro il mal di pancia scaturito da dischi come “Sin/Pecado” e “ The Butterfly Effect” in tanti fans ancora legati allo strepitoso successo di “Irreligious”, mentre a poco era valso il tentativo di tornare a quelle sonorità con il mediocre “Darkness And Hope”.

“The Antidote” ci racconta una band lontana dalle liturgie di “Irreligious”, dalle atmosfere folk di “Wolfheart”, persino orientata in direzione opposta rispetto alla svolta estrema dei dischi a venire. “The Antidote” ha un suono oscuro, e questa non è una novità, ma nitido e ben definito, brani semplici aventi il fulcro nelle chitarre e nella sezione ritmica. Verrebbe da scomodare l’aggettivo rock, se non fosse per le quattro sfuriate iniziali: ”In And Above Men” è una cascata di riff semplici e potenti, le ritmiche cadenzate su “From Lowering Skies” sfociano quasi in una danza tribale, mentre le chitarre toccano livelli di rara espressività attraverso semplici armonizzazioni che arricchiscono il sound con melodie oscure e dissonanti. “Everything Invaded” racchiude in modo esemplare tutti questi elementi e dopo la sfuriata di “The Southern Deathstyle”, è con la titletrack che il disco cambia faccia. Pochi accenni di chitarra acustica ci riconducono al folk lusitano per poi esplodere all’improvviso in un mid tempo dal guitar work sopraffino. Siamo a ridosso della parola capolavoro, ma la discesa negli inferi di Ribeiro e soci non è ancora terminata. Atmosfere epiche caratterizzano “Capricorn At Her Feet”, silenzi squarciati dalla voce di Ribeiro e da chitarre che graffiano in sottofondo, “The Antidote” è anche questo, tensione sotterranea che i lusitani dipingono con una maestria senza eguali, come nella spettrale “Lunar Still”. E’ il preludio a “Walk On The Darkside”: la gemma numero due del disco fa rima con la hit di Lou Reed  spingendosi fulminea ai confini del dark rock, uno di quei brani su cui i Moonspell possono letteralmente giocare a tutto campo. La vibrante “Crystal Gazing” odora anch’essa di new wave e sfocia nella nervosa litania di “As We Eternally Sleep On It”. “The Antidote” è un autentico monolite, un blocco di canzoni dalla forma perfetta e inedita rispetto ai lavori che lo hanno preceduto. Quelli che a prima vista sembrano i punti deboli dell’opera, la mancanza di una hit trainante, sonorità pesantemente oscure e cadenzate, rappresentano i punti di forza di un disco unico nella discografia di una band capace di raccontarsi in maniera nuova a ogni occasione.

A dispetto dell’enorme fascino che scaturisce, il destino dell’opera non sarà dei più fortunati: le occasioni per qualche estratto in sede live si ricordano a fatica, come se fosse volontà della band accantonare tutto nel minor tempo possibile. Oggi “The Antidote” è relegato allo status di album-esperimento, al punto che persino il pubblico sembra essersi dimenticato della sua esistenza. Per molti, i Moonspell restano quelli di “Wolfheart” e “Irreligious”. Per noi, “The Antidote” si colloca immediatamente sotto, ascoltare per credere, perché come sta scritto nelle note del disco, “seeing is not believing”. 





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