Exhorder
Mourn The Southern Skies

2019, Nuclear Blast Records
Groove Metal

Si può dire di aver davvero fatto centro a cinquant'anni suonati? Incredibile ritorno degli Exhorder con un album fresco, potente e ben prodotto a 27 anni di distanza da "The Law".
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 28/10/19

Nel lontano 1992 una misconosciuta thrash metal band di New Orleans, già in circolazione underground da un quinquennio, dava alle stampe il suo secondo album "The Law"; si chiamava Exhorder. "Slaughter In The Vatican", suo esordio, sulle prime fu per lo più ignorato, ma ci fu chi invece dal sound ipercompresso, dalle ritmiche granitiche di Vinnie LaBella e dallo stile vocale di Kyle Thomas trasse ispirazione per la propria svolta "dura"; parliamo dei Pantera, che pochi mesi dopo con "Cowboys From Hell" seppero mettere a frutto la lezione, divenendo una delle metalband più popolari dell'epoca. Ne nacque una querelle su chi avesse rubato il sound a chi che sarebbe continuata a lungo. Peccato che in quel momento gli Exhorder, ignari di aver contribuito a fondare il groove metal, fossero già andati a ramengo; il singer Kyle Thomas - dallo stile così caratterizzante - salpò per altri lidi e degli Exhorder nulla più si seppe. Sino al 2008, quando, con una formazione parzialmente nuova, il nocciolo degli Exhorder originari si esibì per alcuni show, prima di sprofondare nuovamente nell'oblio. 2017, gli Exhorder si riuniscono ancora con il progetto di mettere in fila alcune date che nel 2019, a seguito dei Kataklysm, diviene realtà: il "Meditations Over North America" tour attraversa gli U.S.A. e infonde nei vecchi cuori metallari il fuoco lavico dell'ispirazione. Due date newyorkesi sold out fanno il resto: a luglio, viene pubblicato il singolo apripista "My Time"; il 20 settembre, finalmente, il terzo album "Mourn The Southern Skies". Incredibile, ma vero, gli Exhorder sono tornati.


E tornano in grande stile. Con un sound aggiornato al punto giusto per occhieggiare ogni tanto indietro ai fasti dei Nineties; forti di una sezione ritmica vitaminizzata dall'ingresso del batterista Sasha Horn (Forbidden) e del lead guitarist Marzi Montazeri (Philip H. Anselmo & THe Illegals) a fianco al fedele bassista Jason VieBrooks (Grip Inc.), "Mourn The Southern Skies" è un lavoro di una potenza, compatezza e freschezza sonora davvero miracolosa. "My Time" mette subito in chiaro con l'ascoltatore che non c'è nessuna recupero archeologico in atto: un treno merci in fiamme si precipita infatti nelle sue orecchie, ad una velocità a cui gli Exhorder si erano spinti di rado. Riff granitici e accattivanti, il cantato groovy di Thomas ancora più groovy, una band mai così in forma. Si può dire di aver davvero fatto centro a cinquant'anni suonati? Parrebbe proprio di sì.
"Asunder", dall'andamento bluesy, è polvere di metallo sul buio di una palude della Louisiana, che col suo sinistro refrain d'amore (No one 'll pull asunder / I'm gonna love ya 'till you're six feet under) si prolunga nel southern distorto di "Hallowed Sound" fino a che non arriva "Beware The Wolf" ad azzannare la gola con uno speed thrash senza fronzoli. Certo, se dicessimo che la loro nuova musica non gronda di stilemi tipici del metal dei Novanta, mentiremmo e non renderemmo merito agli Exhorder dello stile e della personalità che dimostrano, come fossero al tredicesimo album e non - come in effetti è - al terzo, e dopo lungo silenzio. Quindi, sì, un po' di effetto vintage non manca: un po' come un astronauta che esca dal sonno criogenetico dopo un ventennio perduto nelle Fasce di Van Hallen; ma come non vibrare al monolitico sottomarino da guerra della drammatica "Yesterday's Bones" e alla sua soprendente coda acustica?


Come può un Old School metallers che si rispetti non rizzare ogni pelo alla cavalcata rovente di "All She Wrote"? "Rumination" conferma la fluidità con la quale la band sa scivolare dai mid agli up tempos, scuotendo i nostri otoliti in una vertigine parossistica; mentre i break violenti di "Arms Of Man" ci affettano le carni, ci chiediamo se non siano proprio gli Exhorder, primi ed ultimi allo stesso tempo, il quarto grande vertice del groove metal insieme a Pantera, Lamb Of god e Machine Head. Rivolta ai fan della prima ora, "Ripping Flesh" è la versione 2.0 - scintillante e letale - di un brano originariamente inciso come demo nel 1986 mentre la lunga conclusiva titletrack (9:30) è certo il brano più ambizioso mai inciso dagl Exhorder, con Kyle Thomas al massimo della versatilità vocale. In conclusione: i roveti a volte prendono fuoco senza bruciare, i mari a volte si separano ed una band ingiustamente dimenticata, a volte, torna a incendiare come mai prima d'ora.





01. My Time
02. Asunder
03. Hallowed Sound
04. Beware The Wolf
05. Yesterday's Bones
06. All She Wrote
07. Rumination
08. Arms Of Man
09. Ripping Flesh
10. Mourn The Southern Skies

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