E tornano in grande stile. Con un sound aggiornato al punto giusto per occhieggiare ogni tanto indietro ai fasti dei Nineties; forti di una sezione ritmica vitaminizzata dall'ingresso del batterista Sasha Horn (Forbidden) e del lead guitarist Marzi Montazeri (Philip H. Anselmo & THe Illegals) a fianco al fedele bassista Jason VieBrooks (Grip Inc.), "Mourn The Southern Skies" è un lavoro di una potenza, compatezza e freschezza sonora davvero miracolosa. "My Time" mette subito in chiaro con l'ascoltatore che non c'è nessuna recupero archeologico in atto: un treno merci in fiamme si precipita infatti nelle sue orecchie, ad una velocità a cui gli Exhorder si erano spinti di rado. Riff granitici e accattivanti, il cantato groovy di Thomas ancora più groovy, una band mai così in forma. Si può dire di aver davvero fatto centro a cinquant'anni suonati? Parrebbe proprio di sì.
"Asunder", dall'andamento bluesy, è polvere di metallo sul buio di una palude della Louisiana, che col suo sinistro refrain d'amore (No one 'll pull asunder / I'm gonna love ya 'till you're six feet under) si prolunga nel southern distorto di "Hallowed Sound" fino a che non arriva "Beware The Wolf" ad azzannare la gola con uno speed thrash senza fronzoli. Certo, se dicessimo che la loro nuova musica non gronda di stilemi tipici del metal dei Novanta, mentiremmo e non renderemmo merito agli Exhorder dello stile e della personalità che dimostrano, come fossero al tredicesimo album e non - come in effetti è - al terzo, e dopo lungo silenzio. Quindi, sì, un po' di effetto vintage non manca: un po' come un astronauta che esca dal sonno criogenetico dopo un ventennio perduto nelle Fasce di Van Hallen; ma come non vibrare al monolitico sottomarino da guerra della drammatica "Yesterday's Bones" e alla sua soprendente coda acustica?
Come può un Old School metallers che si rispetti non rizzare ogni pelo alla cavalcata rovente di "All She Wrote"? "Rumination" conferma la fluidità con la quale la band sa scivolare dai mid agli up tempos, scuotendo i nostri otoliti in una vertigine parossistica; mentre i break violenti di "Arms Of Man" ci affettano le carni, ci chiediamo se non siano proprio gli Exhorder, primi ed ultimi allo stesso tempo, il quarto grande vertice del groove metal insieme a Pantera, Lamb Of god e Machine Head. Rivolta ai fan della prima ora, "Ripping Flesh" è la versione 2.0 - scintillante e letale - di un brano originariamente inciso come demo nel 1986 mentre la lunga conclusiva titletrack (9:30) è certo il brano più ambizioso mai inciso dagl Exhorder, con Kyle Thomas al massimo della versatilità vocale. In conclusione: i roveti a volte prendono fuoco senza bruciare, i mari a volte si separano ed una band ingiustamente dimenticata, a volte, torna a incendiare come mai prima d'ora.