My Tin Apple
The Crow's Lullaby

2013, Fuel Records
Alternative Rock

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 14/06/13

I My Tin Apple si propongo sul mercato col questo loro primo album. Leggendo per bene le note promozionali si scopre che in verità la storia di questa formazione ha origini ben più lontane: il gruppo di musicisti nasce come Overfaith, band di stampo death/thrash metal che, tra il 2004 ed il 2009 riesce a dare alle stampe ben due album ed a condurre un’ampia attività di esibizioni dal vivo. Il cambio di nome della formazione è la logica conseguenza della decisa virata, stilistica e di genere proposto, che avviene nel 2011. In quale genere far rientrare la proposta musicale di questo gruppo è un’impresa veramente ardua: a chitarre e batteria decisamente heavy si accosta un sintetizzatore che riempie le composizioni di elementi elettronici: i My Tin Apple hanno, ad hoc, coniato la definizione di tin rock. Quale che sia, alla fine, il genere, in realtà è di poca importanza: è di gran lunga meglio lasciar parlare la musica. E ci troviamo di fronte ad una proposta decisamente molto personale che è in grado di delineare uno stile che si sposa egregiamente con l’immagine di sé che la band vuole trasmettere, quasi come se fossero usciti di peso dall’Alice in Wonderland di Tim Burton (ed anche la copertina del disco è decisamente orientata in questa direzione).

L’apertura dell’album è di quelle che decisamente catalizzano l’attenzione dell’ascoltatore, con una voce femminile a cappella che ci fa precipitare (un po’ come succedeva ad Alice) nell’atmosfera fantastica e misteriosa che contraddistingue. Il cantato è molto particolare, con alcuni passaggi di lontano retaggio medio orientale, ed è un piacevole momento introspettivo anche se completamente avulso da quanto verrà espresso dai brani successivi. “Here” e “Snow White” sono forse i due brani-emblema di quanto propongono i My Tin Apple: suonano molto personali, con la commistione di chitarre heavy e synth che riescono a creare un mix azzeccato, capace di alternare passaggi suadenti a momenti decisamente più aggressivi. Il tutto supportato in maniera ottimale dalla voce di Gianluca Gabriele, che suona in alcuni momenti molto simile a quella di Ké (artista pop anni ’90, che sarà ricordato dai posteri solamente per la famosissima “Strange World”). Dopo i due brani citati l’effetto sorpresa svanisce e l’uso smodato del synth (marchio distintivo dello stile dei My Tin Apple) risulta alquanto controproducente: i brani incominciano a soffrire di una certa ripetitività (dalla quale si salva l’acustica “Sequoia”) e di un appiattimento che non permettere di cogliere le diversità che li caratterizzano e i grossi pregi dell’album vengono così quasi completamente annullati.

La proposta dei My Tin Apple merita sicuramente di essere ascoltata, consci sia dei suoi limiti ma anche del fatto che, essendo solamente il primo album di una band che si è completamente rinnovata stilisticamente, è passibile di ulteriori miglioramenti e trasformazioni. Ai posteri l’ardua sentenza.



01. The Crow’s Lullaby
02. Here
03. Snow White
04. I Have Seen a Lie
05. The Flight of Chameleon
06. Drama
07. Different Places
08. Pixel
09. Dalì
10. Alice
11. Sequoia
12. Missing
13. A Place To Go

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