Forse la paghetta "in musica" di un padre "importante" come Mike Portnoy.
Forse l'ambizione prematura di un ragazzino che vuol dimostrare a se stesso di saper fare musica.
Cos'è quindi questo "A Light in the Dark"? Il capriccio o il sogno di un foruncoloso gruppo di ragazzini capitanati dal "figlio di"? Ci troveremo qui a parlare dei Next To None se Max Portnoy avesse diverso cognome? Chi può saperlo. Formati poco meno di sei anni fa in quel di Philadelphia, il quartetto propone senza troppi fronzoli un infuso ben orchestrato e studiato di rimandi alle giovani ispirazioni musicali dei ragazzi, naturalmente Dream Theater-addicted. A spadroneggiare dietro le pelli ovviamente è il giovane Portnoy che con i suoi sedici anni dimostra già una tecnica invidiabile mentre ad occuparsi di keyboards e lead vocals è Thomas Cuce (chi glielo dice ora che le linee vocali sono insipide quanto se non più di un piatto di pasta indietro di sale?); di tutt'altro stampo invece è il lavoro sulla chitarra del chitarrista Ryland Holland, forse il membro meno avvezzo alla dedizione del prog. Vorremo appellarci infine ad una personalità o una sola intuizione musicale che spieghi la vera posizione dei Next To None, senza lasciar sempre parlare i propri idoli ("Runaway" per esempio, è uno scimmiottare continuo degli Slipknot con qualche idea finale rubata dal cassetto degli accordi del buon vecchio Jordan Rudess); quello che riusciamo a trovare è un brano incentrato su un ritornello nato morto ("You Are Not Me"), qualche campionamento a caso estratto da vari videogiochi e giocattoli-tecnologici-per-fanciulli-tecnologici ("The Edge Of Sanity") e una cantonata che fa crollare "A Light in the Dark" a picco. Viene infatti ripresa l'ormai fin troppo sfruttata suite sinfonica di Edvard Grieg, "In the Hall of the Mountain King" in "Lost", quando si dice la goccia che fa traboccare il vaso...