Parentesi Super Quark: chiamasi Oscillazione Nord Atlantica la perturbazione periodica che interessa il Mare del Nord e le acque settentrionali dell'oceano Atlantico, ed è responsabile annualmente di mitigazioni di temperatura sulle coste di paesi dove altrimenti si batterebbero i denti fino a polverizzarli, regalando gradi Celsius di gioia e speranza.
Che il terzetto scozzese del roster KScope sia appassionato di meteorologia o meno non c'è dato saperlo; quel che ci lascia parzialmente stupiti dopo l'ascolto del loro "The Third Day" (terzo studio album, seguito dei discretamente ben accolti "Grappling Hooks" e "Fog Electric") è una certa antitetica -se confrontata al nome scelto- glacialità della loro offerta musicale: un sottilissimo ed evanescente avantgarde mainstream, collezione d'ariose tastiere e divagazioni batteristiche in tempi dispari, delicatissimi falsetti e metalliche robotizzazioni.
Stilisticamente coerente nello spettro delle sue dodici tracce ed egregiamente confezionato (i suoni si incastrano perfettamente tra loro, e mai le sovrapposizioni vocali o strumentali paiono forzare un ottimo equilibrio) "The Third Day" è però anche il risultato di un vocabolario musicale che pare abbastanza ristretto. Il mood raramente si discosta da quello di un dream pop stucchevolmente allegrotto mischiato con l'atmosfericità ambient di un Tycho, e pur nella loro brevità i brani riescono difficilmente a essere anche vagamente efficaci e men che meno memorizzabili: quelle di "Elsewhere" sono ossessioni di batteria in mezzo a un'apertura e a una coda di nulla totale, il ben poco incoraggiante main single "August" è sostanzialmente una sentita ode alla piattezza, "A Nice Little Place" coniuga ambientazioni stranamente spacey con sgradevoli lagnosità vocali.
E malgrado un auspicabile rallentamento prenda atto nella seconda metà dell'album -trovando una buona concretizzazione nella toccante "Pines Of Eden" o nella più energica coda della conclusiva "When To Stop"- il terzo capitolo in studio dei North Atlantic Oscillation rimane un album troppo tenacemente bloccato sui binari dell'assoluta mollezza per poter meritare più di un disattento ascolto.