Not A Good Sign
From A Distance

2015, Falling Records
Prog Rock

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 21/04/15

Non è facile fare prog rock senza perdersi nell'autocelebrazione, nel narcisismo, nel kitsch; specialmente se si appartiene a quella corrente di neo-progressive che tanto si bea della propria inutile complicatezza, e delle proprie abusate e futilmente pompose scelte melodiche. Al secondo album in carriera, fortunatamente, gli italianissimi Not A Good Sign riescono a dimostrare come sia possibile inserirsi in tale insidiosa corrente senza perdersi in chiacchiere e senza perdere in eleganza ed efficacia comunicativa.

 

"From A Distance" è un disco che scorre via con estrema naturalezza, suonato con classe e con un ampio campionario di strumenti, ricco di elementi della più svariata natura. Affiorano piccoli elementi di educato neoclassicismo, in maniera più che esplicita nell'intro di piano di "Aru Hi No Yoru Deshita", in modo più sottocutaneo in frangenti quali l'apertura di "Flying Over Cities". Non s'arriva però mai a un virtuosismo estremo in stile Steve Vai: semmai gli avvitamenti alle corde sono funzionali alla costruzione di atmosfere -governate dalle onnipresenti tastiere- che si mantengono dense, particolari, avvincenti dall'inizio alla fine dell'album (si prenda a esempio la sezione centrale di "I Feel Like Snowing", che parte e si chiude lenta con mugugni su suoni da carillon, per perdersi a metà strada in una stupenda esplosione di synth). I brani pestano raramente sull'acceleratore o sull'overdrive, mantenendosi per lo più su coordinate pensose e riflessive, regalando dolci e toccanti ballate prima ancora che roboanti muri di accordi: rimane soltanto qualche istante di breve ed esaltata rabbia, come in coda a "Not Now", nell'apicalisse doomy di "Open Window" (che si scioglie poi nelle dolci note al piano) o nell'inatteso (forse un po' fuori contesto) prog metal distorto e slappato di "Pleasure Of Drowning".

 

Una produzione non sfavillante ma comunque solida, un comparto vocale sempre acuto ma elegante e bilanciato (mai troppo mellifluo, mai troppo tagliente) e un flusso musicale sapientemente spezzato in brani mai troppo lunghi e in un paio di azzeccate strumentali, oltre alla già citata perizia strumentale, sono indiscussi valori aggiunti che confermano la piacevolezza di un album solido, da tenere in considerazione come ottima italica rappresentanza in un genere che, purtroppo, ha smesso da tempo di appartenerci.





01. Wait For Me
02. Going Down
03. Flying Over Cities
04. Not Now
05. Aru hi no yoru deshita
06. Pleasure Of Drowning
07. I Feel Like Snowing
08. Open Window
09. The Diary I Never Wrote
10. Farewell

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