Oasis
Be Here Now

1997, Creation
Brit Pop

“Be Here Now” sta agli Oasis come “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band” sta ai The Beatles. O almeno ci prova.
Recensione di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 20/08/16

Dimenticatevi modestia, moderazione e morigeratezza: "Be Here Now" è il volo trionfale degli Oasis sulla cresta di spuma della loro 'champagne supernova'.
 

Meno epocale di "Definitely Maybe", e meno easy-listening di "(What's The Story) Morning Glory?", "Be Here Now" è il frutto più succoso di ispide erbacce rock cresciute all'ombra dei The Beatles e debitamente impollinate da cocaina e dosi massicce di self-esteem. Immaginate i due fratelli di Burnage arrivare agli Abbey Road Studios, per registrare questo disco, per poi invece venirne cacciati per eccessiva caciara mentre, a volume troppo alto, si dilettano nel suonare i brani dei loro beniamini liverpuldiani in playback come estremo gesto di (allora meritata) auto-celebrazione.

 

Piaccia o non piaccia, il terzo disco dei mancuniani è parimenti figlio del produttore Owen Morris, quanto di più simile a un George Martin abbiano mai avuto gli Oasis, e del sound engineer Nick Brine che, letteralmente, raccolse da terra chili e chili di nastri e vi eresse la "huge wall of sound" voluta dal Morris.

 

Si decolla da quel "hole where I was born" crudamente descritto nella adrenalinica "D'You Know What I Mean?", la cui matrice cantilenante l'ha resa una degli inni prediletti dai fan nonostante la lunghezza (una scommessa non da poco per essere il primo singolo dell'album considerando che i 7:43 avrebbero potuto pregiudicarne il passaggio in radio), per poi sfidare il mondo intero con i riff senzionalistici di "My Big Mouth", interpretata alla perfezione da Liam che è in prima linea per la quasi interezza del disco. Noel infatti strappa i suoi unici 7:20 di ribalta canora soltanto nella successiva "Magic Pie", pacata antifona di "Stand By Me" che, con la sua riconoscibilissima schitarrata iniziale, offre uno dei sing-along più amati del Britpop anni '90, secondo giusto a quello di "Don't Look Back In Anger". La tracklist quindi giunge al giro di boa con le verità universali di "I Hope, I Think, I Know" per poi fluire abbacinante verso l'apoteosi sonora della titletrack e di "All Around The World" ovvero uno spensierato giro di giostra lungo 9:20. Entrambe preparano al culmine di quella festa sfrenata che è "It's Gettin' Better (Man!!)", ennesimo riferimento beatlesiano in un lavoro la cui unica nota fuori ritmo è la comunque imprescindibile "Don't Go Away" che fu il quarto e ultimo singolo di un disco che, soltanto nel primo giorno di uscita, vendette 420.000 copie per raggiungere il milione al termine della prima settimana.

 

Diciannove anni dopo, dopo che parte della critica si è rimangiata i votoni della prima ora e con una ri-edizione in uscita il prossimo 7 Ottobre, per rettificare quello che Noel considera un incidente di percorso, non cambia il fatto che "Be Here Now" stia agli Oasis come "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" sta ai loro beniamini The Beatles. Difficile infatti non riconoscere il tentativo dei Gallagher di cimentarsi a loro volta in un esperimento sonoro che restasse negli annali della musica mondiale con tanto di reprise finale.

 

«Indipendentemente da quello che pensa Noel, è un grandissimo disco e ne vado fiero - è solo un po' lungo» Liam Gallagher.

 

Che il caro Liam, una volta tanto, abbia ragione?





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