Darkthrone
Old Star

2019, Peaceville Records
Black Metal

La band di Kolbotn segue sempre lo stesso astro e innalza ancora la vecchia stella del metal anni ottanta, con un sound tra doom e speed metal e qualche nostalgica e immancabile autocitazione.
Recensione di Lucia Bartolozzi - Pubblicata in data: 17/06/19

 

I Darkthrone non hanno mai celato le loro influenze, prendendo spesso spunto dai loro ascolti senza cadere puramente in una sterile rievocazione. Come spiega Fenriz, "Old Star" è volutamente un tributo al metal classico anni ’80, con una fortissime suggestioni doom. L’apporto dei Celtic Frost c’è sempre stato, ma sono i Candlemass per primi ad aver influenzato la scrittura di questo lavoro.

 

L’album si apre con un primo omaggio ai Hellhammer e ai Celtic Frost, con l'inizio speed di “I Muffle Your Inner Choir” e lo scream vischioso di Nocturno Culto al di sotto di esso. La band si adegua ai tempi odierni, pubblicando come singolo la seconda traccia “The Hardship Of The Scots”: il riff iniziale va a stamparsi subito in testa richiamando il riff di “Let Me Put My Love Into You” degli AC/DC, ma il brano si prolunga poi troppo, in un’atmosfera più doom con qualche richiamo alla NWOBHM.

 

"Old Star" è un pezzo che, pur dovendo fare le veci di title track, rimane un po’ opaco sullo sfondo, forse a causa di una ripetitività voluta. Il tono vorrebbe essere epico ma lascia una sensazione di sospeso, come se mancasse qualcosa. Una frase nostalgicamente in norvegese apre il pezzo e racchiude questo senso di sospensione (Qui, di vedetta nell’eternità). "Alp Man" è un pezzo che unisce un downstroke thrash e un’atmosfera nuovamente NWOBHM a un break ancora doom. “Duke Of Gloat”, molto probabilmente scelta per questo come secondo singolo, è più legata al vecchio stampo black con una voce molto sporca (ma non a discapito della comprensione) avvolta da un muro di chitarre sferraglianti dal ritmo costante, che arriva lentamente ad un climax figlio del metal 80’. "The Key Is Inside The Wall" chiude il lavoro con un’attitudine più punk à la Fenriz mista all’aura doom che aleggia intorno ad ogni pezzo, mentre la voce di Nocturno Culto si fa più gutturale e la struttura del secondo riff principale diventa più slow thrash.

 

I testi di Fenriz rimangono pregni di riferimenti al vecchio immaginario ma degni di essere approfonditi, rimanendo, come da tradizione, senza particolari chiarimenti dell’autore. Rimangono quindi fedeli alle proprie radici musicali, che sfruttano e uniscono rifiutando sempre e comunque la compressione, forse mai rischiando veramente. Forse per qualcuno potrà trattarsi di un collage o un pot-pourri di generi, ma nel complesso "Old Star" è ciò che ci si aspetta dai Darkthrone oggi: niente di stupefacente, ma un album che vale la pena di ascoltare.





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