"Damaged Pearls", ovvero un'odissea durata due anni: due anni di logorante attesa e continui rinvii, di aspettative disilluse e devastante incertezza. Lo cantavano gli AC/DC, l'hanno imparato loro malgrado di Old Man's Cellar: "it's a long way to the top if you wanna rock'n'roll". Poi, a novembre dello scorso anno, l'agognato debutto sul mercato: e la storia, finalmente, parte da qui. Con una rinfrescante dose di quella merce rara che è diventato l'orgoglio di essere italiani, e dodici tracce di AOR elegante e riflessivo.
Certo, niente che faccia gridare al miracolo: "Damaged Pearls" non aggiunge nulla a un panorama e a una formula tutto sommato in odore da naftalina, e ci si potrebbe interrogare a lungo circa l'utilità di riproporre ancora una volta la lezione dei vari Toto e TNT. Il punto è che non lo si fa: non di fronte ai preziosi assolo di Freddy Veratti, e tantomeno quando Ricky DC impugna il microfono per "Amber Lights" e "Is This The Highest Wave?". Unica nota stonata tra tante e pregevoli melodie d'altri tempi, la drum machine di "Don't Care What's Next" - scelta discutibile spazzata via, insieme a un paio di altri episodi leggermente sottotono, dalla robusta "Undress Me Fast". Un congedo che, di nuovo, mette in mostra potenzialità notevoli, e una passione e un'ispirazione autentiche e pure. Per gli appassionati del genere, un disco imperdibile.