Linkin Park
One More Light

2017, Warner Bros. Records
Pop

Con "One More Light" i Linkin Park compiono il più grande passo falso della loro carriera.
Recensione di Mattia Schiavone - Pubblicata in data: 19/05/17

Fin dal loro esordio, datato 2000, una delle cose che è sempre riuscita benissimo ai Linkin Park è stata quella di dividere critica e pubblico. Tra le band rock così famose a livello mondiale, il sestetto californiano è forse l'unico ad aver cambiato volto così spesso nel corso degli anni, raccogliendo in ogni occasione un ugual numero di consensi e di critiche e spaccando più volte a metà anche la stessa fanbase. A prescindere da quali possano essere i motivi che portano una band a modificare continuamente il proprio sound (che sia la voglia di nuove sfide o il bisogno di adattarsi alle richieste dell'industria musicale), è sacrosanto che siano gli artisti a decidere il proprio percorso: scrivere e suonare musica con il solo scopo di accontentare i fan può rivelarsi infatti demotivante e controproducente. È anche per questo che, dopo lo scialbo "Living Things", Mike Shinoda e compagni hanno deciso di comporre una violenta e viscerale dichiarazione d'amore verso il rock e l'hardcore punk anni '90 (rivisto come sempre a modo loro), mettendo la firma su "The Hunting Party", apprezzato dalla quasi totalità dei fan. A questo punto, conoscendo la band e il loro modo di ragionare, era più che prevedibile un nuovo cambio del genere, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un nuovo album così lontano dall'ultimo, sia in termini di sound che di qualità.

 

Con "One More Light" i Linkin Park si sono affacciati completamente per la prima volta al mondo del pop. È innegabile che, col trascorrere del tempo, la band abbia accolto diverse influenze dal genere, ma mai come oggi i californiani hanno voltato le spalle al passato, componendo in tutto e per tutto un album puramente pop. Sarebbe certamente ingiusto giudicare un disco solo per il genere di appartenenza, ma a prescindere da ciò, è evidente che i Linkin Park con questo nuovo lavoro abbiano compiuto il più grande passo falso della loro carriera. Se in precedenza i californiani avevano sempre dato una rilevante impronta personale al genere proposto, questa volta si sono limitati ad utilizzare gli elementi più comuni della musica pop e R&B in voga più di recente, amalgamandoli tra di loro per dare vita a 35 minuti di musica piatta e senza alcuno spunto interessante. È bene chiarirlo una volta per tutte: il problema principale di "One More Light" non sta certo nel genere proposto, ma nella totale di assenza nuove idee e nella costruzione della maggior parte dei brani. Ci troviamo infatti di fronte ad un lotto di tracce dalla struttura banale e durante l'ascolto sono diverse le fastidiose sensazioni di deja vù. Le basi minimali vengono riproposte continuamente senza alcuna variazione, accompagnate spesso da altri elementi di facile presa, come le voci campionate o il pattern di linee vocali cantabili e orecchiabili. Tutti elementi che, se ripetuti alla nausea, portano irrimediabilmente a brani vuoti e dimenticabili, come nel caso della opener "Nobody Can Save Me", "Battle Symphony" o "Halfway Right". Del problema opposto soffre invece "Sorry For Now", che presenta i sopracitati elementi mixati in modo casuale, superando di gran lunga i limiti del pacchiano. Le uniche tracce in cui la band prova a dare la propria impronta e a rendere musicalmente più personali sono proprio quelle di un livello qualitativo leggermente più alto, ma comunque ben distante da quello dei loro migliori lavori. "Talking To Myself" è il brano più consono agli standard della band e viene costruito su un'interessante interazione tra chitarra e sintetizzatore, mentre la titletrack (dedicata ad un'amica scomparsa) è una traccia estremamente spoglia ed emotiva, che rischia però di annoiare alla lunga. La conclusiva "Sharp Edges" riprende invece delle influenze country e si distingue dal resto, risultando un esperimento quantomeno apprezzabile.

 

Dopo aver per anni sperimentato diverse sonorità con risultati quasi sempre buoni, "One More Light" ci restituisce una band praticamente irriconoscibile. Se infatti nei precedenti cambiamenti, il tocco dei Linkin Park era sempre riscontrabile, queste nuove tracce sono completamente svuotate della personalità della band. La volontà di scrivere brani più intimi non può e non deve condurre ad una trascuratezza della componente prettamente musicale e questo si tratta di un errore che nessuno si aspettava da una band attiva da oltre vent'anni. La speranza per il futuro è che i Linkin Park abbandonino questo nuovo metodo di composizione più orientato verso testo e melodia delle linee vocali, che alla costruzione dei brani veri e propri, tornando ad eccellere in uno a scelta dei tanti generi esplorati con successo durante la loro carriera.





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