Only Crime
Pursuance

2014, Rise Records
Metalcore

Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 11/11/14

Gli Only Crime sono una formazione nata per iniziativa del cantante Russ Rankin (Good Riddance) e del chitarrista Aaron Dalbec (Bane) nel 2004. Già dall'opener salta all'orecchio come la proposta sia niente più che una sorta di punk-rock di facile presa, sporcato di hardcore (o viceversa, se preferite).

 

Nonostante l'ensemble abbia tentato di variare il proprio discorso aumentando l'accessibilità tramite un approccio melodico maggiore rispetto ai suoi precedenti lavori, "Pursuance" fallisce nel fornire un ideale punto di incontro tra l' iconoclasmo hardcore e le melodie punk-pop da classifica, risultando potenzialmente poco graditi a entrambe le tipologie di audience e probabilmente lasciando indifferenti le altri. Lodevole l'ambizione di svecchiare un genere, ma svariate problematiche affliggono questo platter e lo ostacolano nel trovare il giusto inquadramento. Non possiamo tacere le vistose falle nel songwriting ("Contagious"), né tanto meno i ritornelli presi in prestito di peso dal songbook della band "tipo" statunitense ("In Blood"). Analogamente va segnalato che anche i riff scolastici impediscono all'album di imporsi come dovrebbe. Inoltre, le melodie vocali riuscite e catchy non servono se non sostenute da un solido impianto strumentale e da una scrittura convincente, e "Pursuance" ne è la lampante dimostrazione. Spesso fanno capolino stop and go assolutamente casuali che rendono confusa la dinamica, dimostrazione di un songwriting caotico ("No Truth In Love", "See It Die"). Caratteristica questa che sarebbe stata sicuramente smussata da un produttore artistico esterno. Nei momenti più ariosi, non ci è davvero difficile immaginare le canzoni del gruppo a supporto di una commedia per teenager importata dagli States, rendendo il feeling delle canzoni molto meno appetibile agli utenti ormai non più under 18.

 

La band ha si energia, questo lo si sente lungo tutta la durata del disco, e alcune intuizioni messe a frutto in certi passaggi sono buone (qualche episodio come "Life Was Fair" rimane in testa), ma ad uno sguardo critico complessivo non possono sfuggire le numerose sbavature già elencate. Elementi tutto fuorché secondari all'interno di un disco, a prescindere dalle intenzioni e dall'indirizzo stilistico dello stesso.

 

Pur essendo passati ben sette anni dal suo predecessore, a quanto pare il tempo non è stato impiegato per la composizione, e forse in questo hanno pesato i vari cambi di line-up. Lungi dal voler risultare saccenti, l'adozione di una personalità esterna alla band con una visione più distaccata potrebbe aiutarla a focalizzare meglio le proprie idee, purtroppo momentaneamente non presentate nella loro migliore forma possibile.

 





01. We are Divided
02. Contagious
03. In Blood
04. One Last Breath
05. Drowning
06. Absolution
07. No Truth In Love
08. Find Yourself Alone
09. Life Was Fair
10. See It Die
11. Emptiness And Lies
12. Bred to Fail

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