E' bizzarro ma è pur sempre la verità, urge raccontarla.
"Anatomy Of A Pain" a suo tempo, aveva fatto gridare al miracolo ed aveva tutte le ragioni, così come anche l’EP "Beloved Child", andava a smorzare l’attesa per un nuovo album. Il secondo lavoro -oramai è una frase di rito- è sempre un passo importante per una band ma c’è anche da dire che la maturità musicale e stilistica del gruppo in questione non è cresciuta dal nulla, anzi è stata supportata da anni di gavetta che lentamente riportano agli sforzi dei primi incontri nel lontano 98’. “A Way Back”, è veramente “uno scrigno perduto e poi ritrovato” e per una volta la tag line allegata all’album racconta veramente ciò che poi andremo ad ascoltare (non succede spesso, di solito è tutt’altro che complicità tra le due cose; tristi storie di arrivisti poco musicali e incontentabili recensori). E’ un album maturo e coerente con ciò che è stato in precedenza, nostalgico del passato musicale che racchiude; lo stesso a cavallo tra gli anni 70’, la darkwave e una moderna new wave, arricchita da momenti in pieno stile rock. E’ anche un album internazionale e si sente, registrato e concluso tra l’Inghilterra e l’Italia, e nella voce del carismatico Vincenzo Amato trova similutidini che riportano a The Cure, Sisters Of Mercy e soprattutto alla figura di Peter Murphy e dei suoi Bauhaus (tutto il disco è costellato di ricordi e vicinanze, mai copiate, da quanto fatto dalla band inglese). E’ un qualcosa di torbido e tormentato, sì fresco, sa come farti cadere nella rete della peggior fattucchiera con brani anche dal minutaggio ridotto (“I Walk On the Wire”) che non fanno altro che stuzzicare la curiosità e proseguire nell’ascolto. Una curiosità che viene prontamente ripagata da tentazioni passate (“Garlic”) atmosfere eteree accompagnate da giri di basso altisonanti (“Journey”), ritmiche conturbanti e ritornelli disperati (“Hate Me Again”), lasciano spazio ad ipnotiche forme musicali (“Without Any Sound”). L’impatto sonoro non ne vuole sapere di cedere e regala, traccia dopo traccia, piccole perle di nera materia che finiscono per schiantarsi, libere e sofferenti, nel dramma di una title track memorabile.
"And all the other voices said,
Change your mind
You're always wrong,
Always wrong "
- The Cure | Other Voices -