Certo, le debolezze riscontrabili nei precedenti lavori, come una certa dispersività, che tradiva l'ambizione non ancora matura di virare al prog, qui sono neutralizzate dall'equilibrio compositivo, dal superiore livello di songwriting e dall'energia esecutiva. Dal punto di vista delle liriche, l'album è un omaggio al genio fantahorror di H. P. Lovecraft, evocato sin dai "Grandi Esterni" del titolo e fil rouge dell'intero lavoro. Sulla copertina campeggia infatti Azathoth, il Grande Antico cieco ed idiota che gorgoglia blasfemie al centro dell'Universo, intento nella sua attività preferita: divorare mondi.
Idea non nuova, certo, ma il gruppo la coniuga con una sapiente costruzione del pathos. Ai nostri interessa approfondire il puro orrore spaziale generato dalle migliori narrazioni dello scrittore del New England, di cui si scolpisce la grandiosità e la cosmica cupezza in complessi ed articolati arrangiamenti e in atmosfere di suggestiva cupezza. Proprio questo aspetto, le emozioni, costiuiscono il grande salto in avanti di "The Outer Ones". Come sempre, il jazz e le sue dissonanze hanno un peso strategico nel rendere originale la proposta, ma non è più di un ingrediente nel ricco calderone dei Revocation: brani come la opener "Of Unworldly Origin", l'imponente "That Which Consumes All Things"(ispirata al racconto "Il colore venuto dallo spazio"), la suggestiva "Fathomless Catacombs", l'alternarsi di ritirate ed affondi della title track, la impervia strumentale "Ex Nihilo" e "A Starless Darkness"(che tratta di fisica teorica) sono alcuni tra i migliori mai incisi dai Revocation, che tradiscono l'ambizione di dare vita a un nuovo classico e li impongono come imprescindibile punto di riferimento nel panorama melodic death. Anche nella produzione, affidata per le pelli a Shane Frisby (The Ghost Inside, Bury Your Head), per il resto della band al collaboratore di lunga data Zeuss (Hatebreed, Bleeding Through), è stato finalmente raggiunto un raro equilibrio tra aggressione ed emozione, dinamiche e picchi.
Non possiamo che toglierci il cappello e pronosticare alla band un nero (cioè: roseo) futuro, augurandoci (ed augurandogli) un tour da headliner nel Vecchio continente quanto prima. Col benestare di Cthulhu, naturalmente.