Il power-prog della band viene presentato già a partire dalla prima "Repentance", aprendo il disco più che degnamente tra break improvvisi e aperture melodiche.
La tracklist è solida e vede tra le proprie hit "Unshared Worlds" e la mordace "Angry Animals" (che si rifà al power europeo più roccioso e meno levigato ai limiti con l'heavy), pur annoverando tra le proprie fila tracce meno riuscite come "Teardrop", che avrebbe beneficiato di una durata più contenuta a causa di un pathos non sufficiente a tenere alta la soglia d'attenzione per tutti i dieci minuti di durata.
A livello stilistico le melodie vocali e gli arrangiamenti fanno decisamente fede alle coordinate di molte altre formazioni similari. Impossibile non notare infatti un'aderenza pronunciata a troppi canoni che andavano per la maggiore una decade fa, e questa caratteristica non può che pesare su una band con alle spalle tre album. Il riffing chitarristico si ispira dichiaratamente a formazioni come i Kamelot nei momenti più groovy.
La band suona compatta e precisa, con una sezione ritmica tenace ma variegata. Tra tutti i componenti svettano tecnicamente il chitarrista Marco Falanga e il cantante Michele Guaitoli, le cui rispettive prestazioni sono però in realtà croce e delizia dell'opera, visto che anche le esecuzioni sono troppo aderenti ad una sorta di lista immaginaria di caratteristiche da avere in un dato movimento musicale.
La produzione è di livello più che buono: gli strumenti sono bilanciati bene, ogni passaggio è udibile chiaramente e la nitidezza non viene mai meno, ma anche sotto questo versante vi sono delle rimostranze da fare: la voce nella prima strofa di "My Refuge" è leggermente vittima di fenomeni di masking e alcuni interventi solisti provocano dei fastidiosi picchi nel volume percepito, compromettendo in parte l'esperienza di ascolto in diverse sezioni. Quest'ultima caratteristica rimane incomprensibilmente presente nella versione finale del disco nonostante il mastering effettuato nei Gate Studios di Sasha Paeth (Avantasia, Kamelot, Epica, Edguy) avrebbe dovuto eliminare tale problematica.
Pur con tutti i difetti elencati, il materiale che compone "Artifacts" va comunque ritenuto godibile e potrà far felice chi è a digiuno di uno stile oggi sacrificato in favore di altre sonorità più in voga.