"Masters of The Hall" parte subito con le marce alte inserite: cori solenni e riff martellanti introducono il doppio canto di Alan Tecchio, ora graffiato, ora più acuto; ci pensano poi un ritornello dalla forte epicità e l'elaborato solo finale a concludere degnamente il brano. Si torna ad un heavy più classico, in pieno stile Judas Priest, nella successive "Black Legend" e "I Am The Bull", mentre il puro British style di stampo eighties caratterizza "Hordes Of Fire". Decisamente più spinta nei fraseggi e nel cantato è "Antichrist", dal muro sonoro in stile speed-thrash, nonostante il tutto sia addolcito da un ritornello decisamente più easy-listening, e da un finale dai toni più epici.
Tra gli episodi più riusciti c'è sicuramente "Avengers Of Eden", che già dal titolo rimanda implicitamente allo speed-power teutonico anni '80, quindi ai primi Helloween e Running Wild, che Tecchio sembra volere emulare utilizzando un cantato basso e graffiato; il ritornello è invece, come da tradizione, tra i più catchy del disco.
Giunti agli ultimi due episodi, i nostri scelgono di cambiare le carte in tavola, dando una sferzata decisa al trend del disco: "The Mulberry Tree" è una traccia leggera caratterizzata da rimi quasi folk-calypso e percussioni; risulta infine un pezzo piacevole, che rimanda in qualche modo ai toni epici del disco grazie ai suggestivi inserti di flauto nel finale, ma è inevitabile provare un senso di estraneità, anche per via del cantato troppo spinto di Tecchio, che non si sposa coi ritmi rilassati del pezzo.
Ancora maggior sorpresa suscita il pezzo finale, "Pawn And Prophecy", suite di più di 20 minuti di durata, che nasce come una sorta di colonna sonora ispirata dall'opera di Shakespeare "Macbeth". Il brano è aperto da un insolito intro di basso, antifona ad una prima parte di puro epic metal, con contorno di cori solenni e voci femminili; il tutto viene spezzato a metà da un inserto di piano, tra i pochissimi del disco, davvero memorabile per gusto e melodia. A questo punto, però, dall'ottavo minuto in poi, il pezzo sembra un po' perdersi in sperimentazioni eccessive che lasciano un senso di estraneità dal contesto; nonostante ciò va riconosciuto comunque alla band il coraggio di interpretare una traccia così impegnativa.
"Pawn And Prophecy" è un disco sicuramente godibile, elaborato e non banale, composto e suonato da artisti con una lunga militanza nella scena metal che hanno cercato di unire in quest'opera le varie sfaccettature di un genere tanto complesso e di darne la loro versione personale. Sebbene non manchi qualche sbavatura e qualche già sentito di troppo, è un disco che non mancherà di far felici gli amanti della scena heavy-prog anni '80, oltre che i tanti true defender.