"Come ho fatto a sopravvivere sino ad oggi senza conoscere gli Acid Drinkers?!" - "Eppure è dal secolo scorso che sono in circolazione, cazzone", risponderebbe Jubbe, il vecchio thrasher che mastica lattine di birra per spaventare gli emo e ha più spille ad appesantire la giubba di jeans che mostrine il sergente Hartman.
Eh sì, gentili amiche e stimati lettori: portate pece, piume, pietre, triboli, chiodi ed olio bollente. Mentre vi preparate a giustiziarmi, proverò a fare ammenda delle mie miserie presentando gli A.D. a chi ancora - miserrimo - li ignora. In attività dal 1986, nati da un'idea del cantante e bassista Tomasz "Titus" Pukacki e del chitarrista e cantante Robert "Liza" Friedrich, gli Acid Drinkers esordiscono nel lontano 1990 con "Are You A Rebel?" imponendosi come lead band della scena metal in Polonia. Dopo il buon successo ottenuto da Verses Of Steel del 2009 e con l'ingresso del nuovo chitarrista Wojciech "Jankiel" Moryto, la band ha ulteriormente precisato e costruito il proprio suono con i successivi e convincenti "La Part Du Diable" (2012) e "25 Cents For A Riff" (2014). Con "P.E.E.P. Show" - 14esimo album - gli A.D. confermano la loro vena New Thrash e si insediano nel Gotha dell'Old School europea. "Let 'Em Bleed" ci introduce allo stile della band: riff granitici, ritmi tesi, refrain semplici ed efficaci; in filigrana tralucono le influenze senza risultare soffocanti. "Monkey Mosh" ci proietta in uno sfrenato pogo sottopalco. In "Sociopath", le ritmiche serrate delle strofe precipitano sul feroce mid tempo del refrain. Ma una delle highlight arriva con "Become A Bitch", in cui si apprezza il timbro inconfondibile di Titus: un vero cantante trash. Attraversata da soluzioni rock - il bending trascinante del riff - è "Thy Will Be Done", dal refrain incisivo e condotta da una bella linea di basso. 50?
"Don't Slow Down", col suo andamento in levare, è il brano più vicino al NU Metal, ma è appena un'incursione perchè già la sparatissima "The Cannibal" ci riporta a un sound Vecchia Scuola; con "God Isn't Dead" si arriva all'altro pezzo forte, in cui si apprezzano tutte le qualità della band; impressioni confermate dalle successive "Diamond Throats" e "Heavenly Motherfucker". Degna conclusione, "After The Voltures" è un brano più raccolto e intriso di malinconia metallica che ci strappa una lacrimuccia di uranio impoverito.
Siamo da T.S.O.? Pazienza, sarà. Con dischi come questi impossibile annoiarsi o buttarsi giù, persino nel manicomio criminale in cui, prima o poi, riusciranno a confinarci. Audite, meditate et pogateci sopra sino a strinarvi i capelli.