Una deliziosa autoproduzione che racchiude un concept circoscritto agli ideali di chi suona, più che ai destinatari potenziali. Un disco fluido ma tenace – nove brani per un minutaggio totale che rasenta l’ora – raffigurazione continua di immagini naturali che si susseguono interrotte (o collegate) dai suoni dell’acqua, dell’aria e della terra e delle figure disegnate con passione dai Peregrines: “Mary Celeste”, “Owls and Spirits” e tutti gli altri.
Si scrive Folk, si ascolta senza presunzione: è il genere totale reso Pop dai Mumford and Sons che spazia tra le grazie della flora e i balli delle persone come nell’antitesi acustica tra “The Wood Superstition” e “Little Dancer”. I Peregrines condividono in patria le stesse sonorità inglesi, personalizzandole secondo una personale interpretazione molto schematica e stilisticamente classicheggiante, legata all’uso della doppia voce e delle corde.
“Proximi Luces”, in uscita il 20 c.m., è solo un’altra pennellata nel quadro dell’Indie al rallenty: poesia italica in un’altra lingua, decantata dolcemente da un manipolo di viaggiatori attratti dal suono del legno. Un disco semplice, leggero e solare.