Deep Purple
Perfect Strangers Live [DVD]

2013, Eagle Rock Entertainment
Hard Rock

La reunion della Mark II finalmente su un DVD che colma un vuoto lungo trent'anni
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 10/10/13

Quello dei Deep Purple non è solo un nome scolpito nella roccia, come sulla celebre copertina di “In Rock”. Per qualcuno è un’idea astratta di musica, un concetto di arte che prende la forma del momento, al pari dei classici raccolti sotto il suo cappello. Tutto sembra già detto e scritto quando si parla di loro, a dispetto di rassicuranti uscite come il recente “Now What?!” e delle frizzanti esibizioni live che attirano sempre un pubblico nutrito e intergenerazionale.
 
Nella collezione di DVD più o meno ufficiali del profondo porpora, “Perfect Strangers Live” rompe un silenzio lungo ben ventinove anni, tanta è la distanza temporale che separa il tour della allora rediviva Mark II dalla sua pubblicazione. Un comeback che passerà alla storia come uno dei più pagati di sempre, un evento atipico per un’epoca in cui i dischi si vendevano a palate e le reunion non erano un escamotage per batter cassa in tempi di crisi. “Live” costituisce l’unica registrazione completa di questo tour che vede appunto la band nella sua formazione storica, quella Mark II che ha messo il sigillo su pietre miliari come “Made In Japan” e “Machine Head”. Il concerto di Melbourne del “Perfect Strangers” tour può vantare oltre alla ripresa integrale per centoquaranta minuti di musica, immagini e montaggio di eccellente qualità soprattutto se paragonato ai mezzi dell’epoca. Varrebbe la pena acquistare il DVD anche solo per ammirare l’autentico one-man-show di Ritchie Blackmore nella veste a lui più consona, quella di rivoluzionario chitarrista rock armato della sua Fender Stratocaster. Non sarà una performance incendiaria come quella di “Made In Japan”, ma “Perfect Strangers” fotografa una band comunque in stato di grazia, e se Blackmore riesce ad incantare persino quando accarezza i volumi della sua chitarra, il resto della band appare perfettamente allineato in termini di affiatamento ed esecuzione, fatta eccezione per un Gillan che, pur esprimendosi su livelli molto buoni, inizia già a mostrare qualche segno di cedimento. Tanto i classici così come i numerosi estratti di “Perfect Strangers” appaiono senza tempo, nel 1984 i Deep Purple rappresentavano un mondo che già non c’era più, una concezione della musica che andava in direzione contraria rispetto alle tendenze di quegli anni (che restano comunque fantastici, sotto molteplici punti di vista).
 
Il finale di partita è di quelli da incorniciare, “Difficult To Cure” dei Rainbow è il trionfo del neoclassicismo e del talento di Blackmore, mentre il solo di Lord e “Space Truckin’” sono un continuum di manifesta superiorità che esplode sul finale con il riff di “Smoke On The Water”. Uno stile appunto, una concezione di musica che non conosce eguali e che continua a sconvolgere ed incantare oggi come trent’anni fa.




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