Un titolo dell'impatto di "P.I.G.S.", scelto dagli Unibrido per battezzare il proprio debutto sulla lunga distanza, richiama alla memoria non soltanto l'acronimo utilizzato in riferimento a quegli Stati del Mediterraneo europeo, Italia compresa, accomunati da situazioni economiche deficitarie, ma anche "La Fattoria Degli Animali" di George Orwell. E in effetti, la metafora romanzesca dei maiali che, attraverso menzogne e raggiri, riescono a instaurare una dittatura, funziona ancora alla perfezione se applicata al panorama mondiale contemporaneo; per il duo, però, le responsabilità dello sfacelo e del fallimento delle democrazie occidentali vanno ricercate tanto nei politici quanto nel singolo individuo, troppo spesso soggetto indolente e assertivo. In poche parole, un pasoliniana società porcile di cui la band rivela anomalie e brutture assortite.
Mettere in moto il pensiero anestetizzato: sembra questa, dunque, la mission del gruppo. E quale miglior canale comunicativo di un alternative rock ispido e corrosivo? A partire da una registrazione priva di fronzoli, grezza e acidula il giusto, Carlo Carbonetti e Marvin Marshall Johnson riversano rabbia e nichilismo in otto tracce che non scendono mai a patti con melodie facili e scontate. La coppia iniziale, "Mercurio" e "Unibrido", sbuffa stoner pesante e lievemente psichedelico, "Non C'è Più Tempo" ha l'urgenza e la sporcizia del garage settantiano, "Prostituzione" e "Labirinti" associano meditazione tossica e tappeti lisergici, "Segnali" è improvviso scoppio elettrico à la Marlene Kuntz. E se l'instrumental "Speculazione Trascendente" tracima spensierato blues d'annata, il traliccio tribale che attraversa "Rumore Freddo" fa da base a esplosioni di potenza al limite del metal.
Molta carne al fuoco e tematiche arroventate per gli Unibrido, figli artistici del mondo musicale anglosassone più che della tradizione del Belpaese: selvatici e senza peli sulla lingua, gli abruzzesi si rivelano come uno degli act esordienti di maggior interesse e originalità della scena nostrana. Alla prossima!