Port Noir
The New Routine

2019, InsideOut
Alternative Rock

Quando si decide di evolversi, di andare oltre ed estendere i propri schemi, si arriva ad una nuova routine. Ci sono arrivati anche i Port Noir, trio svedese che con l'ultima release si cimenta in un mix di stili sorprendente e accattivante. 
Recensione di Cristina Cannata - Pubblicata in data: 15/05/19

Svezia, storica terra fertile e attuale matrice prospera e generosa in tema di musica, senza discriminazione di genere, con un particolare occhio di riguardo al metal e al rock più ricercato, innovativo ed accattivamente.  

Proprio dalla Svezia, da Soldertalje per essere precisi, tra il marasma delle nascenti proposte da tenere sotto attenta osservazione, fanno capolino con il loro charme i Port Noir. Tre baldi giovani, dall'aspetto serio e a modo, sulla scena dal 2011 con due album alle spalle, e con un nuovo LP appena sfornato, "The New Routine". 

Non hanno perso tempo a farsi notare: gli album precedenti "Puls" e "Any Way The Wind Carries", inframezzati dall'EP "Neon", hanno incuriosito e convinto, stimolando la costruzione di uno zoccolo duro di aficionados frementi e smaniosi per l'uscita di un nuovo album. Ed ecco che, a tre anni di distanza, arriva "The New Routine". 

Un deciso cambiamento. Poco da aggiungere. Un titolo interessante che in un modo neanche troppo latente sottolinea un'evoluzione importante e da apprezzare nel sound della band. Un atto di coraggio, una presa di coscienza,  una scelta dal tono sfacciato: qualsiasi cosa sia stata a trainare la decisione del trio non ci sono dubbi sul fatto che cambiare abitudini, imporsi una nuova routine, non è cosa da tutti. Prima di tutto si chiarisca: scouter del progressive rock più sconosciuto e di nicchia, questo caso non fa per voi. E qui l'etichetta Inside Out trae in inganno. 

Non si tratta di progressive rock, per lo meno non di quello a cui noi fedeli del progressive rock siamo quotidianamente interessati e abituati. E' più un progressive nel senso semplice e puro della parola. Un neo progressive alt rock per coraggiosi, un mix temerario che vede insieme ossimoricamente riff metal - talvolta anche particolarmente arrabbiati- e nuance pop, con qualche tocco di elettronica e hip-hop. Un calderone di influenze antitetiche, messe insieme a creare quello che si potrebbe definire un rock innovativo e, in questa accezione, progressivo. Missione non per nulla semplice, quella di espandere i propri orizzonti, dato che, storia insegna, se non utilizzati con tocco magistrale e mano ferma, i miscugli di genere possono portare a risultati poco convincenti.  
 
Ma qui la band ha chiara la propria visione e mostra chiaramente la volontà di allargare il proprio raggio d'azione virando verso qualcosa di più "immediato", radiofonico, catchy, ma con prudenza e cautela per prevenire la caduta nel banale e nello scontato. 

Il disco si apre con "Old Fashioned", primo singolo scelto dalla band per anticipare il lavoro. Dalle melodie danzarecce con qualche tocco new age, il brano è un manifesto chiaro delle intenzioni della band. Da qui, una montagna russa tra cose più o meno inaspettate. "Flawless" mostra il proprio carattere e la sua eccentricità, un carattere e una struttura costruite con cura, tratto comune a tutto l'album, soprattutto in tracce come "Blow" e "Champagne", curate nei minimi particolari, nel tentativo di dare il giusto peso ad ogni elemento, ad ogni sfumatura. Niente è lasciato all'improvvisazione. Una sterzata importante è data "Low Lights", il brano sicuramente con più attenzione verso gli elementi elettronici, amalgamati con le intenzioni rockeggianti delle chitarre e la voce elegante di Love Anderson. In netta contrapposizione "13" mette sul piatto elementi più heavy, con tendenze che richiamano alla mente i Rage Against The Machine, prima di lasciare spazio ad un beat più poppeggiante con "Young Bloods" e "Define Us". Le ultime tracce dell'album sono un turbinio: gli schiaffi di "Drive" riportano ad una dimensione più metal e convinta, prima di cadere nel pop con "Down For Delight" e chiudere in bellezza con "Out Of Line". 

Un lavoro certosino, curato e ragionato non sminuire nessun elemento. La batteria non perde il suo carattere, non demorde, ma traccia la sua presenza con parti importanti, definendo dei momenti consistenti e d'impatto; così come il basso si ritrova a indossare maschere diverse brano dopo brano e a sfoggiare tutta la sua versatilità, in maniera assolutamente parallela alla voce che sceglie di volta in volta il vestito migliore, risultando più incisiva in alcune canzoni, più forzata in altre. Sotto questo punto di vista non ci sono dubbi che nelle corde di Love Anderson ci sia qualcosa di più classy. 
Le chitarre di Andreas Hollastrand giocano in maniera variabile ora imponendosi con riff più pesanti ora mettendosi da parte, alleggerendosi, con tocchi più sensibili, ma con ritmi sempre incalzanti. 

Un'operazione vera e propria di evoluzione di stile, questo è "The New Routine". Un'evoluzione effettiva, un cambiamento declamato, assolutamente percepibile partendo dagli elementi basic delle scelte di stile dei Port Noir nei lavori precedenti che vengono razionalizzati, compresi ed rivisitati in modo fresco e più appetibile a tutte le bocche. 





01. Old Fashioned
02. Flawless
03. Blow
04. Champagne
05. Low Lights
06. 13
07. Young Bloods
08. Define Us
09. Drive
10. Down For Delight
11. Out of Line

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