Originario della Calabria ma bolognese d'adozione, il cantautore ventinovenne, che ha scelto il proprio cognome quale nome d'arte, è giunto all'esordio con un album che riassume la sua personalità, non a caso dal titolo "Il Disco Di Praino". Con appena sette tracce, incentrate sul racconto della sua vita, delle sue esperienze, sia belle che meno piacevoli, ma in ogni caso caratterizzanti, Praino mette in musica le proprie emozioni in una forma stilistica che rispecchia il transito da sud a nord: da una base di partenza più classicamente cantautoriale si arriva all'indie pop di cui Bologna (insieme a Roma) rappresenta la capitale italiana. Non sorprende dunque che l'artista abbia scelto di seguire la strada di personaggi come Brunori Sas (anche lui nato in Calabria e migrato verso nord) e Motta, sfruttando un momento decisamente propizio per l'alternative e l'indie italiano.
Il tratto caratteristico del nostro, oltre alla personalità estrosa, è la freschezza delle sue canzoni, soprattutto per quanto riguarda i testi, racconti di vita vissuta da una prospettiva anticonformista, guardati con nostalgia, storie di una gioventù in cerca di un posto nel mondo e nel cuore dei propri cari. Lo dimostra l'apertura con "Agnello", dove l'eccentricità del racconto si fonde con dei sintetizzatori stile videogioco vintage anni '90, e intanto la batteria si concentra sul charleston durante la strofa, creando un'efficace trama ritmica a sostegno di tutto il pezzo. Il primo singolo, "Spleen", è una sorta di manifesto dell'album che racchiude tutte le tematiche care all'emiliano: gli amori, il rapporto con l'arte, il senso di malinconia evocato, appunto, dalla "noia" tipica dei poeti romantici, e poi i viaggi, la cultura e la giovinezza. Ad una leggerezza dei toni corrisponde anche un apparato musicale fluido, dove la chitarra acustica introduce, poi entra il basso quasi impercettibile e la sei corde elettrica dall'armonia jazz conferisce carattere alla strofa. "Radical Chic" racchiude tutta l'anima indie pop di matrice bolognese, dal testo al groove di batteria, fino alle tastiere, per poi crescere sul finire con l'ingresso della chitarra elettrica distorta. Chiude il lotto la ballata "Do Disdetta", un finale malinconico che parla di partenze, della fine di una storia, di un passato lontano. Non a caso compaiono i violoncelli e gli archi a creare un'atmosfera di sospensione che si interrompe con una porta sbattuta alle spalle, emblema della conclusione di un ciclo, ma che apre le possibilità verso una nuova fase della vita.
La grande operazione che compie l'autore è di riuscire a rivolgersi direttamente al suo pubblico, dimostrando di sapere come entrarci in sintonia; d'altra parte però questa scelta lo confina dentro un target selezionato che non lo spinge a sperimentare, un ambiente protetto, trattandosi di un debutto, ma non certo il punto d'arrivo finale. Grazie ad una spiccata sensibilità, Praino azzera la distanza fra sé e il proprio pubblico, riuscendo sicuramente a rimanere impresso nei cuori di chi ama il genere, ma tutto ciò sarà sufficiente per affermarsi accanto ai grandi nomi dell'indie italiano?