Praying Mantis
Gravity

2018, Frontiers Music
Hard Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 23/05/18

Ogni nuova uscita dei Praying Mantis esercita in qualche modo un certo fascino. Sarà per le fantastiche copertine firmate Rodney Matthews, o per lo status di cult band che ormai vantano, merito di uno stile e una classe davvero invidiabili.
 
 
"Gravity" giunge a tre anni dal buon "Legacy" e prosegue imperterrito sulle coordinate stilistiche che hanno caratterizzato la fetta più consistente del loro percorso, ossia un hard rock cromato e di derivazione americana. Che l'abilità compositiva e l'estro creativo non facessero difetto ai fratelli Troy lo abbiamo sottolineato più volte, a partire dal fantastico debut "Time Tells No Lies" che però raccontava in parte una storia differente. Anche se il disco prosegue sulla linea della continuità, questo non vuol dire che non regali momenti di spessore. Le prime battute del singolo "Keep It Alive", scandite da un coro di AOR che percorre tutto il brano, sono da questo punto di vista una rassicurazione. L'autoreferenzialità non è mai stato un tratto dominante del combo inglese, ma a questo giro il gruppo trova lo spunto per "Mantis Anthem", autentico inno da regalare ai fan cucito su misura per i live. Al netto del ritornello, molto in modalità peace & love, il resto del pezzo si snoda su interessanti ed elaborate trame orchestrali.
 
 
Corriamo il rischio di ripeterci nell'elencare gli elementi che spiccano nello stile dei Mantis, e allora ci concentriamo nella semplicità delle trame della canzone che dà il titolo al lavoro, esemplare mid-tempo con una spettacolare linea di basso che emerge in tutta la sua linearità. Undici tracce di ottima qualità e dal taglio eterogeneo: difficile restare insensibili al mood malinconico di "The Last Summer", altra prova da manuale che affronta il tema del ricordo di una stagione che non ritornerà più, e la delicatezza di una "Foreign Affair". Impossibile, infine, non cogliere un riferimento voluto a "The Show Must Go On" dei Queen in quegli accordi di tastiera che aprono nello stesso modo la conclusiva "Final Destination", che scandisce la chiusura del lotto in tutta la sua drammaticità. Sperando ovviamente che non vi sia alcun riferimento a un'ipotetica conclusione.
 
 
Tralasciando le frasi fatte, oltre che essere davvero ispirato, molto più del suo precedessore, "Gravity" è soprattutto un album di gradite conferme: quella del vocalist John Cuijpers, che si dimostra ancora scelta azzeccatissima per la band londinese, e quella di una carriera che con questi risultati può permettersi davvero di guardare avanti infischiandosene delle tendenze e dei giudizi del momento. Che la mantide continui a mietere le sue vittime, ce lo auguriamo davvero.




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