Secondo Andreas Kisser, è possibile dividere "Quadra" in quattro movimenti, proprio come i quattro lati del doppio vinile. A ogni lato corrisponde grossomodo un aspetto, una qualità, una sfaccettatura del sound dei Sepultura 2.0.
"Means To An End", "Last Time" e "Isolation"(anticipata da un video live all'ultima edizione di "Rock In Rio" quest'estate, e di cui Derrick Green dice meraviglie qui) rappresentano il lato più violento, oltranzista, e perciò più strettamente legato alla prima fase della carriera, quella che va da "Morbid Visions" sino ad "Arise". Il thrash senza fronzoli, appena riveduto nel sound per adattarsi ai tempi nuovi, a cui la band deve l'ala più pervicace del suo seguito.
Con "Capital Enslavement", "Ali" e "Raging Void" - lato B del vinile - l'asse musicale si sposta verso la linea equatoriale; è l'ispirazione più etnica e schiettamente brasiliana dei Sepultura, che rimanda alla fase "Chaos A.D." e "Roots" che li consacrò a fama mondiale; senza cedere all'assalto sonoro, qui il sound si arricchisce di groove e percussioni. Dei quattro lati del disco, questo è quello che risulta meno brillante, forse perché ciò che di meglio fece la band in questi frangenti sembra svanito in gran parte con la ormai lontana dipartita dei fratelli Cavalera. Ciò non toglie che "Raging Void" sia un brano interessante e tutt'altro che derivativo.
Il secondo disco è molto più sperimentale del primo. Il lato C segna un cambio di passo, per lo più condotto dalle chitarre, di cui l'epica "Guardians Of Earth" rappresenta il requiem, lamento infuriato per la strage di indios e di attivisti lungo il corso dell'Amazonas che imperversa da decenni, oggi giunta a livelli allarmanti e non più tollerabili. Prima sorpresa dell'album: i cori. La strumentale "The Pentagram", uno dei brani più incendiari di tutto il lavoro, è il prudente sicario la cui lama coglie tra scapola e scapola, ci atterra nella prima parte, per poi trafiggere con calma la nuca nella seconda. "Autem" è un brano bizzarro, ancipite: una testa sembra ben piantata nel thrash e nel groove mentre l'altra evoca le esatonalità di "Fracture" o di "Lark's Tongue In Aspic" dei King Crimson e conferisce una certo aura prog che non guasta a tutto il brano, notiamo, mentre il bridge forsennato ci precipita sulla testa.
Il side D è poi quello "sinfonico", che ambisce a conferire una dimensione orchestrale, e "Quadra" ne costituisce le quinta rosso cupo. "Agony Of Defeat" sorprende perché mai come in questo brano Derrick Green si abbandona ad un cantato rauco sì, ma anche aperto alla melodia. A noi dispiace sempre un po' l'abuso che la band sembra fare di syth che sentiamo come non necessari, ma tolto questo il songwriting è robusto, fresco e il tiro non manca. Impeccabile infine la produzione confezionata ancora una volta dallo svedese Jens Bogren. In generale, più la band si allontana dal sound Cavalera meglio è per la combo che lo dà (il meglio) quando si sente libera dall'ipoteca del passato e si permette di andare dove l'ispirazione la conduce. La lenta, solenne, conclusiva "Fear; Pain; Chaos; Suffering" dà spazio ad un controcanto femminile, degna conclusione di un lavoro ricco e proiettato verso il futuro. Si sente che la band si è concessa più tempo per dare la zampata: "Quadra" è un disco che sa fare i conti col passato senza restarne ostaggio, che aggiornando la proposta della band al gusto del Secondo millennio ne precisa ulteriormente le potenzialità. Scusate se è poco.