I Queen Elephantine sono un gruppo doom psichedelico che negli ultimi anni ha costruito la sua fortuna su un approccio decisamente sperimentale, basato su uno stile discontinuo e un’audace amalgama di generi musicali molto diversi. La band ha ora stabilmente sede a Providence, nel Rhode Island, ma alcuni tra i numerosi membri e collaboratori affondano le loro radici nella cultura orientale, che diventa elemento protagonista di ogni lavoro, ed il nuovissimo “Kala” non fa eccezione.
Anche in questo album lo stile orientaleggiante non solo monopolizza titoli ed artwork, ma rappresenta una vera e propria filosofia espressa attraverso i suoni e le ritmiche, che rendono la totalità dei quasi cinquanta minuti di ascolto una specie di continua e disomogenea litania. Le tracce sono sei, di diversa lunghezza, ma la sensazione per tutto il tempo è quella di assistere ad un lungo rituale in cui al doom è lasciato il compito di nutrire il corpo, mentre lo psych ambisce a spingere lo spirito altrove. Sulla buona riuscita di questi intenti si potrebbe discutere ampiamente.
L’album fatica infatti a decollare, il clima mistico che i Queen Elephantine vogliono creare risulta eccessivamente spinto e porta con sé ritmiche spesso soporifere nella loro monotonia. La chitarra ripete ciclicamente le stesse audaci e talvolta lentissime trame, nel tentativo di valorizzare la trascendenza nella filosofia musicale della band. Apprezzabile è il doom di Quartz, pezzo di oltre otto minuti che si distingue in particolar modo per tempi più stimolanti, incalzati dal basso di Mat Becker e completati da una buona riuscita di voci, chitarre e mellotron. Elementi interessanti emergono anche da Onyx, caratterizzata da un ritmo di natura più tribale, capace di andare oltre la staticità di altre tracce.
Quando l’ultimo pezzo del disco è terminato, la sensazione è quella di aver ascoltato qualcosa di troppo complicato e di esserne usciti avendone capito poco o niente. Certamente nulla di nuovo per chi conosce i Queen Elephantine, questa volta però l’impressione è che si sia veramente esagerato, portando all’estremo tutti gli elementi caratteristici dello stile cupo e minimale del gruppo. Molti sono i momenti in cui l’ascolto risulta difficile, in alcuni di questi persino tedioso, e la tentazione di arrendersi si presenta in più di un’occasione. È sicuramente vero che tutto ciò è dettato dal genere e dalla natura fortemente sperimentale di questi ragazzi, ma è difficile capire attraverso "Kala" quelle che sono le loro idee. L’intento è chiaramente quello di fornire un album di non facile ascolto per un pubblico già iniziato, ma il rischio in questi casi è quello di spingersi ad un punto tale da perdere contatto con quello che deve essere lo scopo principale della musica, arrivando a compromettere la qualità dei contenuti, come accaduto in questo caso.