La lungimiranza e l'altisonanza di un'entità che va oltre il compiacimento o l'emozione, per mezzo di un uomo che si è fatto carico dell'onere di trasformarla e divulgarla al mondo, è - dopo più di vent'anni - ancora così attuale e spaventosamente condivisibile, tanto che è difficile trovare le parole per riportare tra di noi un'emozione che aleggia sempiterna nell'universo. Freddie non è idolo, non era divo, non è mito. Freddie era un prodotto ibrido di madre natura che nel corso della sua carriera, grazie alle grandi capacità e a ottime intuizioni, divenne messaggero di concetti e ideali, culminanti in un abbraccio globale di speranza e commiserazione. Non è rock star, non è meteora. Freddie è icona, riferimento fisso nel panorama umano, delizia e ispirazione positiva per chi cammina su questa terra con un tocco di coscienza.
La storia dei Queen è ben nota, tanto da essere stata recentemente introdotta in diversi tomi scolastici. Documentari, libri, dispense, dischi e reperti danno tutt'ora vita alla compagine che ha segnato la storia della musica in modo eterno, elevandola a forma artistica grazie alla combinazione micidiale di quattro virtuosi musicisti. L'ultimo capitolo di questa storia culmina con il gigantesco concerto-evento del 20 Aprile 1992. Il 24 Novembre dell’anno prima il cielo perde la costellazione di Freddie, ormai corroso dall’aids, lasciando un profondo vuoto non solo negli amanti del rock, ma anche in chi viveva la musica come strumento di pacificazione e proliferazione del sentimento. Dopo pochi giorni Brian May già pensava a come rendere omaggio all’amico, elevandolo definitivamente nell’olimpo della musica e della poesia.
A Febbraio 1992, alla cerimonia annuale dei Brit Awards, Brian e Roger annunciarono l’intento di organizzare un grande show in memoria di Freddie. Per John invece il periodo di desolazione che attraversava la band contribuì non poco nella decisione di uscire dalle scene: lo show di Pasqua fu la sua ultima esibizione, prima di ritirarsi definitivamente.
La presale durò quattro ore. Quattro ore in cui vennero staccati 72.000 tagliandi. Quattro ore in cui Wembley era già idealmente sold out. E dovevano ancora essere annunciati tutti gli artisti. Forse solo il fatto che le somme sarebbero state destinate alla ricerca mobilitò le folle all’acquisto a scatola chiusa. Gli ospiti di Brian non ingannarono le aspettative: dal primo pomeriggio alla sera si esibirono singolarmente Metallica, freschi dalla pubblicazione di “Enter Sandman”, poi gli Extreme, i Def Leppard con “Animal” e “Let's Get Rocked”, Bob Geldof, Spinal Tap, e i Guns N' Roses con “Paradise City e Knockin' on Heaven's Door”, immortalati nel momento di forma migliore della band, probabilmente i migliori Guns mai visti dal vivo.
Molti sono gli artisti che hanno accompagnato i Queen in prestazioni singole o duetti mozzafiato: tra i più, indimenticabili le performance di Roger Daltrey (con Tony Iommi), Zucchero, Paul Young con “Radio Ga Ga”, l’amico George Micheal e “Bohemian Rapsody” di Axl Rose ed Elthon John, con la commozione di Axl sul finale.
Una tracklist epica, un susseguirsi di artisti che personifica il best of del panorama Pop e Rock dell’epoca, con non poco rammarico se rapportato alla situazione odierna. L’omaggio più bello mai realizzato ad un artista. L’ultimo regalo a Freddie in onore della sua essenza, veicolo di emozioni e riferimento eterno di riflessione e gioia.