Arrangiamenti sofisticati e cristallini, intrecci armonici ispirati e ritornelli capaci di sbriciolare ogni arcigna resistenza emotiva: tuttavia il pop, almeno quello con la P maiuscola, un'arte nobile e articolata, prodotto di un minuzioso artigianato di bottega, investe soprattutto la superficie irrazionale dell'animo umano, caricandosi l'onere e l'onore di incidere le fenditure del vivo turbamento, di scanalare solchi di empatia tra le chiose di una melodia irresistibile. Un'operazione effettuata con successo dai meravigliosi ed eccentrici XTC, dai quali gli italiani Miriam, attivi sin dal 2003, sicuramente non a caso "rubano" il titolo di una canzone contenuta in "White Music" (1978), album d'esordio degli inglesi, per denominare il proprio secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo la discreta prova di "Sete" (2012).
Nonostante le similitudini con la creatura di Andy Partridge e Colin Moulding non siano poi molte, medesimo risulta il proposito di coniugare fruibilità istantanea, fantasiosa esuberanza e varietà compositiva. I mezzi utilizzati dalla band nostrana in "Questo È Pop" appaiono certamente diversi: eppure la nervosa patina rock temperata dai fiati e dalle carezze dell'elettronica costituisce soltanto una parte del sound complessivo del gruppo, la cui componente eufonica ricca di spontaneità e rigore non tarda a rendersi alla fine predominante, senza che essa scivoli troppo nello stucchevole Areopago del tormentone estivo.
La torrida eleganza del sax di Simone Garino punzona una "Macchine Romantiche" spumeggiante, ma per nulla sopra le righe, quasi come se ai Morphine fosse stata concessa la possibilità di uscire per un attimo dalle nebbie di un fumoso night club; mentre l'aerofono baritonale e i synth screziano l'affilata cavalcata "Affonda" e la ritmica percussiva di "Milano", la partecipazione di Alice in "Plutone" colora di toni battiateschi l'ombra di una difficile relazione sulle orbite e i satelliti del pianeta nano. Gli archi introducono "Da Domenica A Sabato", pezzo nel quale spigolature dub e accenni di retrowave ordiscono una tela vicina ai Subsonica meno omologati, complici anche le linee vocali di Mario Esposito prossime in modo impressionante a quelle di Samuel; le influenze dell'act piemontese si insinuano altresì nel tribalismo africano di "Videobelen", brano a maggiore presa rapida del lotto, laddove "I Tuoi Film" affronta la tematica dell'incomunicabilità attraverso il felice innesto di cadenze orchestrali nel beat dei sixties lasciato maturare al sole grigio di Torino.
I Miriam rappresentano dunque, nell'ambito del panorama nostrano, una piacevole sorpresa: in grado di amalgamare con mestiere soluzioni stilistiche divergenti, il quintetto di stanza sotto la Mole sfodera un disco piuttosto policromo, che coniuga con disinvoltura sperimentazione e immediatezza. "Questo (non) È (solo) Pop".