Slipknot
We Are Not Your Kind

2019, Roadrunner
Alternative Metal/Nu Metal

Il rabbioso e sperimentale comeback della band dell'Iowa dopo 5 anni di silenzio discografico.
Recensione di Dario Fabbri - Pubblicata in data: 09/08/19

A distanza di cinque anni dal cupo ".5: The Gray Chapter", gli Slipknot sono tornati alla ribalta con "We Are Not Your Kind", la sesta fatica del Nodo Scorsoio dell'Iowa. Come prima di ogni pubblicazione del gruppo, l'attesa è stata spasmodica soprattutto per i fan di vecchia data, attratti da certe dichiarazioni della band al riguardo ("sarà pesante ai livelli di 'Iowa'", per esempio). Osservando e ascoltando con attenzione, tuttavia, il distacco dalle vecchie glorie diventa man mano sempre più evidente, ma questo non gioca affatto a loro sfavore.

 

Magari scontentando in parte chi si aspettava un "Iowa 2.0", la band capitanata da Corey Taylor è tornata in grande stile, con un disco variegato e al contempo estremamente solido, in cui convivono la brutalità delle prime canzoni e le sorprese sperimentali della seconda metà dell'opera. Se con i singoli "Unsainted" e "Birth Of The Cruel", ma soprattutto col capolavoro "Solway Firth", la band americana aveva messo in campo un sound simile a quello dei primi lavori ma con un approccio più maturo e schematico, con la lunga ninna nanna malinconica di "My Pain" e la pop-oriented "Spiders" la rotta viene bruscamente invertita, andando ad esplorare lidi musicali finora quasi del tutto sconosciuti alla band mascherata. Pur sperimentando suoni non convenzionali, i musicisti americani non si perdono e tengono sistematicamente alta l'asticella. D'altra parte, però, i nostri sanno come fare colpo sui propri fan: la combo composta dal metal tribale di "Nero Forte" e dalla potente "Critical Darling" è un tripudio di brutalità, ritornelli orecchiabili, grida a squarciagola e chitarre fortemente distorte, mentre "Red Flag" potrebbe tranquillamente essere scambiata per una delle canzoni più pesanti del già citato "Iowa", partendo dall'urlo all'inizio (un chiaro richiamo alla celebre "People=Shit"), fino alle strofe rappate e l'energico tappeto di chitarre distorte di Root/Thomson. Pura iniezione d'adrenalina. Il distacco dai primi lavori è palese in "A Liar's Funeral", uno dei migliori episodi di "We Are Not Your Kind". La vena brutale degli Slipknot diventa fine e ricercata: è una canzone d'autore accompagnata dalla chitarra acustica che si fonde con la furia della voce aggressiva di Taylor, e quella che sembrava la ballata di turno si trasforma improvvisamente, riuscendo a stupire ancora una volta.

 

Inquietante, devastante e sperimentale, sono tornati in questo modo gli Slipknot: un po' come li avevamo lasciati ma ancora più maturi, con la stessa voglia di far casino, ma con gli occhi puntati anche su suoni mai provati. Anche se forse non sarà pesante quanto lo erano i primi due album, questo nuovo "We Are Not Your Kind" ci offre due autentici capolavori dell'alternative metal come "A Liar's Funeral" e "Solway Firth", e non è poco. Questo comeback degli Slipknot è tutt'altro che cosa da poco.





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